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Il viaggio di Artemidoro: vita e avventure…
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Il viaggio di Artemidoro: vita e avventure di un grande esploratore dell'antichità (2010. Auflage)

von Luciano Canfora

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Mitglied:paolanovara
Titel:Il viaggio di Artemidoro: vita e avventure di un grande esploratore dell'antichità
Autoren:Luciano Canfora
Info:Milano, Rizzoli, 2010
Sammlungen:Deine Bibliothek
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Tags:Keine

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Il viaggio di Artemidoro. Vita e avventure di un grande esploratore dell'antichità von Luciano Canfora

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Epigraph (Motto/Zitat)
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Nulla affina e forma la ragione addestrata più della geografia.
Immanuel Kant
Disse di aver visto troppo.
Daniel Kehlmann, Die Vermessung der Welt
Widmung
Erste Worte
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Ci furono nel mondo antico biografie dei filosofi, dei poeti, degli oratori, a partire da un certo momento anche dei politici, e poi anche dei grammatici e dei retori. Erano categorie che praticavano arti che si insegnavano : la consapevolezza dell'esistenza di una tradizione nel senso pieno del termine ("passarsi qualcosa di mano in mano") era molto viva in tali ambienti e si esprimeva, tra l'altro, attraverso la narrazione della vita di coloro che tale tradizione aveva incarnato.

Premessa
Efeso sorse, in origine, sul mare: proprio alla foce del fiume Caistro, sulla costa asiatica dell'Egeo. Oggi il fiume si chiama Kucuk Menderes. Gli apporti aluvionali del fiume hanno fatto in modo che, nel corso del tempo, la citta venisse a trovarsi sempre piu lontana dalla costa.

Parte Prima, Artemidoro, il geografo e i suoi viaggi
Nel corso del suo terzo viaggio (1851?) al Monte Athos, Simonidis sottrasse vari fogli del Vatopedi 655 (ora Additional 19391). Nel bottino c'era anche l'epitome di Agatemero, fondata su Artemidoro: al f. 3v Simonidis leggeva le parole "preso Artemidoro e Menippo".

Parte Seconda

Il viaggio di Simonidis

L'inchiesta
Zitate
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“Ritrovare” l’autore che non c’è più, riempire un vuoto, è la spinta principale alla creazione del “falso”. Lo raccontammo in un precedente libro (La storia falsa) apparso in questa collana. E fu il secolo XIX, nel campo dei manoscritti, il secolo dei falsi così come il XX lo fu per le opere d’arte. Le stesse, benemerite, raccolte di frammenti di autori perduti erano, in tal senso, quanto mai suggestive.Ci fu chi si diede a occasionali cimenti e chi invece lo fece con metodo e per “mestiere”.E ci fu uno che volle riportare in vita i geografi greci che non c’erano più. Artemidoro parve, a quel virtuoso, cui è dedicata la seconda parte di questo libro, un terreno su cui edificare e un modello in cui rispecchiarsi. Egli incominciò presto a frequentarlo immettendo frammenti noti di lui nelle proprie opere. Poi un disegno maggiore prese corpo. E nel fare un Artemidoro egli ricorse ai manoscritti principali dei geografi, di cui era avido cercatore. Da quei manoscritti mutuò persino i simboli che immise nel suo. Alcuni (il Vatopedi 655 del Monte Athos) li aveva anche materialmente saccheggiati.Perché lo fece? Per porsi nel solco di una tradizione erudita e patriottica della Grecia “oppressa”? Per emulare figure del secolo precedente quali Meletios o Niceforo Theotokis? Per colmare, con uno stravagante para-Artemidoro, un vuoto nella raccolta (canonica per i greci) degli Zosimadai (Vienna 1807) modellata su quella, insuperata, di John Hudson (Oxford 1698), dove per l’appunto il maggiore geografo ellenistico ovviamente mancava?
Ci furono nel mondo antico biografie dei filosofi, dei poeti, degli oratori, e a partire da un certo momento anche dei politici, e poi anche dei grammatici e dei retori. Erano categorie che praticavano arti che si insegnavaono: la consapevolezza dell'esistenza di una tradizione nel senso pieno del termine ("passarsi qualcosa di mano in mano") era molto viva in tali ambienti, e si esprimeva, tra l'altro, attraverso la narrazione della vita di coloro che tale tradizione avevano incarnato.
Ci furono però anche "mestieri", o meglio pratiche intellettuali, che non si insegnavano e che non sussistevano autonomamente ma erano - se così si può dire - un aspetto di un altro mestiere. Tale fu lo scrivere storia: in genere un prolungamento della politica, un "fare politica con altri mezzi", per usurpare la celebre espressione di Carl von Clausewitz. Tale fu il descrivere, o tentare di descrivere, o immaginare, la terra, o parte di essa: la "geografia". Si può osservare come sin dal principio essa si intrecci strettamente, indissolubilmente, con altre pratiche: in Anassimandro o in Ecateo, come in Erodoto e in Annone, o in alcuni generali e ammiragli di Alessandro Magno, ovvero in Eratostene, ma anche in Polibio, in Posidonio o in Giulio Cesare, in Plinio il Vecchio. Donde anche il profilarsi di diverse maniere di fare "geografia". Per ciascuno di questi autori, e per altri ancora che potremmo mettere in lista, si comprende quasi sempre quali interessi di indagine, o di tipo pratico, abbiamo messo in moto le loro curiosità di "geografi", spesso insoddisfatti delle conoscenze fino a qual momento disponibili.
In un mondo sin dall'origine policentrico come quello che fu teatro dell'egemonia della cultura greca (da Marsiglia a Siracusa, ad Alessandria, al regno di Ashoka) era quanto mai arduo raccogliere in modo unitario canoni di autori genere per genere (specie quando i "confini" di un genere non erano nemmeno ben definiti). Lo si pote fare ad Alessandria, da Zenodoto a Callimaco a Didimo, avendo però sott'occhio soprattutto il patrimonio letterario "antico", molto meno i "moderni". I moderni (è esperienza anche nostra) sono noti ai contemporanei, ma rischiano di diventare presto ignoti.
Efeso era e poteva considerarsi un centro, non periferia di altre aree. E quando Pergamo ospitò una biblioteca di importanza mediterranea, ancor più Efeso fu "centro" di quel mondo ellenistico policentrico che scivolò man mano sotto il controllo di Roma. È probabile che tradizione e documentazione csritta sulla letteratura efesina nei suoi vari aspetti (da Eraclito a Ippponatte in avanti) sussistessero a lungo: certo la sommersione della grecità dell'Asia travolse anche questo. L'idea, consolidatasi a posteriori, di una lineare traditio lampadis da Atene ad Alessandria a Bisanzio (passando per Roma) è solo un'illusione ottica.
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