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Gebräuchlichster Titel |
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Originaltitel |
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Alternative Titel |
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Ursprüngliches Erscheinungsdatum |
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Figuren/Charaktere |
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Wichtige Schauplätze |
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Wichtige Ereignisse |
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Zugehörige Filme |
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Epigraph (Motto/Zitat) |
Die Informationen stammen von der englischen "Wissenswertes"-Seite. Ändern, um den Eintrag der eigenen Sprache anzupassen. Ahi parola da cavaliere, quante semplici donzelle hai tradite? Quanti poveri creduli hai scavalcato?
Francesco F. Frugoni (1692-1768) Incerte, leggere, vane, discordi, tumultuose, agitate sono le parole.
Torquato Tasso, Dialoghi Non era ambizione, credetelo... Pensavo soltanto al gran bene che dall'alto del trono avrei potuto fare all'Italia.
Antonio Ghislanzoni (1824-1893) Lo usare parole contro al nimico poco onorevoli nasce il più delle volte da una insolenzia che ti dà o la vittoria o la falsa speranza della vittoria.
Niccolò Machiavelli, Il Principe Comunismo: parola e idea esotica.
Niccolò Tommaseo, Dizionario della lingua italiana Da un tempo in qua io non dico mai quello che io credo, né credo mai quel che io dico, e se pure e' mi vien detto qualche volta il vero, io lo nascondo fra tante bugie, che è difficile a ritrovarlo.
Niccolò Machiavelli, Il Principe Chi troppo parla è facile che sgarra.
Proverbio toscano Il popolo confonde ogni cosa, e dice esser bella la commedia se è bella la recitazione.
Francesco M. Zanotti (1692-1777) Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo.
K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista Che buona pasta di gente che sono qui Lombardi in generale!.
Giuseppe Giusti, Epistolario Nondum matura est, nolo acerba sumere recitazione.
Fedro (4, 3, 4) | |
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Widmung |
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Erste Worte |
Die Informationen stammen von der englischen "Wissenswertes"-Seite. Ändern, um den Eintrag der eigenen Sprache anzupassen. Quando comparve sulla scena politica, il miliardario milanese Silvio Berlusconi era noto ai più soprattutto come padrone di Canale 5, Rete 4 e Italia 1: ossia le televisioni commerciali che, senza far pagare alcun canone, mandavano in tutte le case le loro immagini fatte di ballerine seminude e ridenti, di telenovelas strappalacrime, di giochi a quiz dove, rispondendo a domande del genere «Qual è la capitale d'Italia?», si vincevano ricchi premi in gettoni d'oro, e di tanti messaggi pubblicitari in cui si mostrava che, grazie all'acquisto di quel tal formaggio, di quella tale automobile o di quel tal detersivo, chiunque poteva diventare giovane bello ricco e radioso come gli uomini e le donne che sul teleschermo mangiavano quel formaggio, sfrecciavano su quell'automobile e strofinavano le loro linde casette con quel detersivo. | |
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Zitate |
Die Informationen stammen von der englischen "Wissenswertes"-Seite. Ändern, um den Eintrag der eigenen Sprache anzupassen. Dell'uomo politico Silvia Berlusconi colpì subito il linguaggio: in un paese abituato da decenni alle oscure prolissità e alle trasversalità del politichese il linguaggio elementare dell'imprenditore milanese, il suo voler parlare «come parla la gente normale», il frequente ricorso a battute, storielle e barzellette, persino il vezzo naïf di parlare continuamente di sé, tutto ciò non lasciò indifferente, seppure per motivi diversi, né la casalinga né il professore di filologia. E, insieme alla natura del linguaggio, grande curiosità destò la qualità di parlatore fluviale, inarrestabile, a getto continuo, che caratterizzava Berlusconi. Chi volesse cimentarsi nella redazione di un lessico di frequenza berlusconiano, vedrebbe una pargoletta di due sole lettere guizzare rapida per andare a insediarsi al primo posto, da dove poi guaderebbe rotonda e sicura giù in basso, verso «le altre»: la parola in questione è il pronome personale di prima persona singolare, quell'io che faceva esclamare al Carlo Emilio Gadda della Cognizione del dolore: «L'io, l'io!... Il più lurido di tutti i pronomi!». Molti secoli fa, l'uso spregiudicato del termine libertà era stato stato da Francesco Guicciardini, che ne aveva messo in guardia i suoi contemporanei: «Non crediate a costoro che predicano sì efficacemente la libertà, perché quasi tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l'obietto agli interessi particolari: e la esperienza mostra spesso, e è certissimo, che se credessino trovare in uno stato stretto [=autoritario] migliore condizione, vi correrebbono per le poste [=in tutta fretta]». Raccomandava Gustave Flaubert nel suo Dizionario dei luoghi comuni: «Famiglia: parlarne sempre con rispetto». Non si può certo dire che Berlusconi non obbedisca a questa sollecita avvertenza. [...] quanto scrive Gaetano Berruto nella Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo [...]: «...elementi dell'italiano burocratico emergono volentieri... anche nell'italiano popolare. Contribuiscono a questa funzione del linguaggio burocratico da un lato un certo fascino celato dell'ufficialità, all'altro il gusto per un parlare... piuttosto ampolloso e ridondante (che aumenti apparentemente l'importanza di chi parla)». A Lorenzo Viani, geniale pittore e scrittore toscano di fine Ottocento, la parola cuore appariva retorica e logora e, con lo stile graffiante che gli era proprio, così la definiva: «cuore, parola consumata dall'us come una moneta». Chissà cosa avrebbe detto oggi, che di questa parola già logora a quei tempi si fa un uso indiscriminato, secondo la moda dei buoni sentimenti che, a dispetto e in contrasto con la realtà dei fatti, pervade come un brivido farisaico gli ultimi anni del millennio. Analogamente a quagli scrittori che per destare emozioni nel lettore ricorrono al frequente uso di aggettivi altisonanti, anziché farlo con la semplice forza della scrittura, e sordo al saggio consiglio di Achille Campanile «bisogna amministrare con previdenza il patrimonio degli aggettivi», Berlusconi, soprattutto nel versione vivace ed effervescente del tempo del potere, ama molto i qualificativi con valore iperbolico e il superlativo assoluto, e mostra una certa prodigalità nell'uso di entrambi: dando in tal modo al suo discorso il tono enfatico ed esagerato che ricorda la loquacità ridondante dei presentatori televisivi, dei disc-jockey, degli agenti immobiliari, e di tutti coloro che sono costretti a fare dell'esaltazione lessicale una professione [...]. [...] naturalmente portato a dare al suo pensiero la sintetica incisività dell'aforisma, eccelle anche nella non facile arte di sdrammatizzare eventi e situazioni con un motto di spirito, una frase a doppio senso una battuta: e tutto in tono lieve e indulgente, come a smentire ciò che Ugo Foscolo diceva al riguardo: «Si pasce... di quell'ambrosia di freddure chiamate "be' motti", e "frizzi di spirito"; indizi sempre d'animo nato maligno». [...] il Cavaliere, sia che si trovi trionfante al potere sia che soffra tra i ranghi dell'opposizione, indulge sovente al vezzo di parlare di sé in terza persona, come faceva Giulio Cesare [...] Ed è anche anche appassionato utente del plurale maiestatis, allo stesso modo del papa e dei regnanti [...] Questo atteggiamento non passò inosservato a un antico amico, Indro Montanelli, che nel suo sentenzioso accento toscano osservò: «Berlusconi pensa di essere un incrocio fra de Gaulle e Churchill, il guaio è che ci crede». Il luogo comune, figlio primogenito e prediletto del senso comune, è molto amato dalla gente, che è solita ricorrervi in occasioni e luoghi per lo più ingrati (uffici pubblici disorganizzati, mezzi di trasporto lenti e affollati, scioperi improvvisi, ecc.) dove il tentativo di esorcizzare quell'ingratitudine porta ognuno a «dire la sua», cioè tutti a dire le loro, dato che le cose dette sono sempre le stesse e vengono espresse con le stesse parole e frasi fatte, utilizzabili in ogni situazione e in ogni tempo. Parole e frasi fatte che compaiono in quantità strabocchevole nel lessico del cavalier Berlusconi [...]. L'opera di penetrazione delle coscienze così validamente intrapresa con il luogo comune viene portata avanti e rafforza dal motto sentenzioso, dalla massima morale. Piovano Arlotto degli anni novanta, Berlusconi trova le sue fonti d'ispirazione nei principi e valori che gli son propri - i buoni sentimenti, la serenità, le persone pervenne, il lavoro, le cose da fare, la mamma, la famiglia, lo sport, la democrazia, gli italiani - più qualche eccentricità dovuta all'estro del momento, come il tiro al piccione, i fotografi e il sipario: il tutto in uno stile che sta a metà tra i Baci Perugina e Monsieur de la Palisse. Dice il Machiavelli, grande spirito che Berlusconi vorrebbe come suo suggeritore: «E' sono di tre generazioni uomini: cioè buoni, e questi son quegli che mi seguitano; perversi e ostinati, e questi sono gli avversari». Peccato che con tutti gli impegni che lo hanno assillato e lo assillano, il Cavaliere non abbia avuto un momento per rinfrescare la sua lettura del Principe... perché si sarebbe evitato tante noie e tanti dispiacerei se si fosse soffermato su questa frase: «la prima coniettura che si fa del cervello di uno signore, è vedere gli uomini che lui ha d'intorno; e quando e' sono sufficienti e fideli, si può sempre reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideli. Ma quando sieno altrimenti, sempre si può fare non buono giudizio di lui: perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione». [...] non si può negare che qualche, come dire? inconseguenza? contraddizione? incongruenza? fra quello che dice oggi e quello che dice domani, fra quello che dice e quello che fa, fra quello che promette e quello che (non) mantiene, qualcosa del genere sembra di averlo osservato. Io sono tra i leader politici quello che appare meno in televisione. E poi, diciamolo: avere tre televisioni mi ha danneggiato. Oltre a incespicare nelle desinenze verbali e a disinteressarsi della consecutio, il Cavaliere a volte fa confusione fra congiuntivo e condizionale, modi del verbo che non hanno mai goduto di grande popolarità presso i parlanti del Bel Paese; e in particolare dimentica di usare il primo dei casi in cui è prescritto persone dalle più tolleranti grammatiche, come dopo i verbi ritenere, augurare, credere, ecc. La signora Malaprop, personaggio della commedia The Rivals (1744) di Richard Sheridan, è una gentildonna di provincia che ama atteggiarsi a intellettuale infiorettando i suoi discorsi di parole difficili o sostenute che regolarmente sbaglia. Dal suo nome ha origine il termine malaproprismo, che i linguisti usano per indicare «l'errore lessicale che consiste nel sostituire una parola a un'altra male orecchiata». [...] Malapropismi si trovano in abbondanza anche nel linguaggio del Cavaliere [...]. E a forza di iperparlare le parole si appallottolano, si raggrumano, si aggrovigliano, si arruffano e si confondono fino a formare un labirinto nel quale il Nostro, una volta entrato, spesso non riesce a trovare l'uscita: facendo sorgere il dubbio che questo groviglio lessicale sia una spia del disagio inconscio che il parlante prova verso i contenuti del garbuglio stesso, e che quanto più grande è il disagio tanto più ingarbugliate sono le parole con le quali questo disagio si vorrebbe nascondere. | |
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Letzte Worte |
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Verlagslektoren |
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Originalsprache |
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