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Lädt ... 2 | Keine | 5,295,174 | Keine | Keine | Dopo "La notte di fuoco", in cui ha descritto la sua esperienza mistica nel deserto dello Hoggar, Schmitt torna a quell'esperienza con questo diario di viaggio in Terra santa, un territorio dalle mille impronte. Betlemme, Nazareth, la Galilea, luoghi intensi e cosmopoliti ritratti in presa diretta mentre l'autore approfondisce la sua esperienza spirituale, le sue domande, le sue riflessioni e sensazioni, i suoi stupori fino alla sorpresa finale, a Gerusalemme, di un incredibile incontro con quello che chiama "l'incomprensibile". Un percorso concluso a Roma, centro del cristianesimo, con un colloquio privato con papa Francesco, denso di significato e di echi che perdurano in queste pagine. Con una lettera di papa Francesco all'autore. (Fonte: editore)… (mehr) |
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Originaltitel |
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Alternative Titel |
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Figuren/Charaktere |
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Wichtige Schauplätze |
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Wichtige Ereignisse |
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Zugehörige Filme |
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Epigraph (Motto/Zitat) |
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Widmung |
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Erste Worte |
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Zitate |
Die Informationen stammen von der englischen "Wissenswertes"-Seite. Ändern, um den Eintrag der eigenen Sprache anzupassen. Alcuni filosofi impoveriscono il nostro sguardo sostenendo che il desiderio rappresenti una mancanza, che sia l'espressione di un vuoto, di un nulla da riempire. Io invece ci vedo il pieno. Nel mio desiderio di partire sento un richiamo. [...] di Gerusalemme possiedo solo fotografie, scatti neutri e oggettivi, banali cartoline. Mancano gli odori, i suoni, il caldo, il sudore, l'emozione, la vertigine, lo sforzo, la stanchezza. Manco io. Si viaggia per prendere corpo. Perché Nazareth? Perché tutto comincia in quell'angolo sperduto? L'ebraico si legge al contrario, caratteristica che ne rivela il tratto fondamentale: è una lingua che risale drammaticamente il tempo. "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?". Mi pongo la stessa domanda che si è posto un tempo Natanaele. [...] Nazareth è uguale a mille altri luoghi. Ho percorso migliaia di chilometri per trovare la banalità. Ci rimango male? No, ricevo la mia prima lezione: l'unica culla dello straordinario è l'ordinario. La cosa che mi piace di quest'insegnamento [le Beatitudini], uno dei primi, è che parla di felicità. [...] non si trattava di una promessa, ma di una constatazione. La felicità si trova attualmente in coloro che praticano l virtù elencate, umiltà, mitezza, sensibilità, probità, compassione, purezza, riconciliazione, ribellione. Gesù li spinge a individuarle e a provarne maggior soddisfazione. Il suo messaggio potrebbe essere formulato così: "Felici lo siete già. A vostra insaputa. Prendetene coscienza, attingetene forza, e così facendo genererete il vostro futuro. Meritate questa felicità sia nel presente che nel futuro. Il regno di Dio appartiene a quelli che si comportano così". Desiderare che venga il regno di Dio significa essere abitati da Dio prima di andare ad abitare da lui. I santi impugnano una fiaccola paradossale: ci illuminano e ci rendono miserabili. Indicandoci la via ci mostrano anche quanto non abbiamo fatto passi avanti. La loro gloria si fa nostra vergogna. Abbiamo bisogno di loro. La traduzione lava tutto. Non scopro un significato nuovo, scopro di nuovo il significato. Quanto alla Trasfigurazione, ci fornisce un messaggio terribile: Gesù se ne va. Approfittando dell'immortalità avrebbe potuto accompagnarci fino a oggi, invece no ha preferito venire e poi lasciarci. Ciò che rimane è il suo messaggio. Accontentiamoci di quello. È quanto sto cercando di fare, come milioni di esseri umani intorno a me, come miliardi prima di me. E con quale difficoltà... [...] il Vangelo si presta a un'interpretazione continua. Esige poco dalla memoria e molto dall'intelligenza. Stimola. Lo rispettiamo solo interrogandolo e criticandolo. Invita a una lettera attiva se non addirittura a una riformulazione. Sì, la forza del Vangelo scaturisce dal fatto che non è un testo, ma il supporto di un testo che si riscrive sempre. I luoghi delimitano l'orizzonte, la riflessione lo apre. Ecco quindi il paradosso del pellegrinaggio: la verità che cerca non è quella della tera, ma quella del cielo. Non si riduce a una spedizione archeologica, per quanto ci somigli. I piedi non si incollano al suolo, volano sulle ali del pensiero. La setta è sempre la religione degli altri. Non bisogna confondere gli occhi con lo sguardo. I primi sono materia, il secondo è luce. Gli uni fanno parte del corpo, l'altro viene dall'anima. I corpi che provocano il desiderio e i corpi che partoriscono figli riuniscono tutte le componenti del femminile. La donna che ama non si distingue dalla madre. Anzi, la genera. Il muro... «Se capisci qualcosa della situazione odierna a Gerusalemme significa che te l'hanno spiegata male» mi aveva detto un amico ebreo prima che partissi. [...] Già la sua bruttezza costituisce uno scandalo. Il muro ostruisce ogni orizzonte, sia visivo che mentale. Sancisce un fallimento. Non un fallimento dal pinto di vista della sicurezza, visto che ha ridotto il numero degli attentati kamikaze - nel contempo, lo Stato palestinese aveva scritto un accordo - ma un fallimento storico e politico, perché incarna l'impossibilità di arrivare alla pace. Costruito dal 2002 durante la seconda intifada, periodo di intense aggressioni tra palestinesi e israeliani, viene presentato dai politici ebrei come provvisorio, ma mi sia permesso avere qualche dubbio. [...] In quel muro vedo l'essenza stessa della tragedia. Cos'è la tragedia? È lo scontro tra due legittimità. Due campi avversi che si affrontano avendo entrambi ragione. Qui non si tratta di una battaglia tra il bene e il male, né di un attacco al vero contro il falso, si tratta di due concezioni del bene inconciliabili, di due verità che si escludono a vicenda. Israele ha ragione, la Palestina ha ragione. I due paesi giustificano l'occupazione del territorio con una presenza lunga, ancestrale, lecita. [...] Tale è la logica tragica: entrambi i blocchi hanno una propria legittimità non riconosciuta dall'avversario. Tale è la logica tragica: dato che nessuno ha ragione o torto, la forza si sostituisce al dialogo e al diritto. Tale è la logica tragica: il problema si ingigantisce e rimane senza vie d'uscita. Alla tragedia preferiamo spontaneamente il dramma con il suo schema manicheo: i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti, i messaggeri di verità e i relatori di menzogne. Sotto l'odio per l'altro si annida sempre un'avversione fondamentale: il rifiuto della complessità. La lucidità è scomoda. Tuttavia niente è peggio della comodità, se porta alla morte dell'altro. Pigrizia del radicalismo e ascesi della moderazione... Dopo aver preso visione di alcune opere ho cominciato a essere disturbato da un fenomeno: il muro si stava trasformando in muro espositivo, un gigantesco museo su cui si erano sbizzarriti i talenti degli artisti. Lo trovavo imbarazzante,. Non equivaleva a renderlo accettabile, addirittura prezioso? quando sarà il momento di demolirlo non si leveranno voci a difenderlo in quanto patrimonio culturale? Guila mi ha confermato che er anche il timore di alcuni abitanti di Betlemme. Un giorno, mentre Bansky dipingeva, qualcuno gli aveva detto: «Lei sta rendendo bello il muro». Bansky l'aveva ringraziato, ma l'uomo l'aveva interrotto:«Non vogliamo che il muro sia bello, non vogliamo il muro e basta. Torni a casa sua». [...] la distruzione del Tempio da parte di Tito nel 70 d.C. aveva provocato una dispersione del popolo ebraico massiccia, ma non totale. Alcuni ebrei sono rimasti, in particolare contadini attaccati alla terra. Seguendo il corso del loro destino attraverso i secoli ci accorgiamo che sono stati ellenizzati, romanizzati, convertiti all'islam. Sono quelli da cui discendono i palestinesi di oggi, che hanno mantenuto tracce del passato nel dialetto, nei cognomi e nella pratica della circoncisione subito dopo la nascita, laddove l'islam la impone nell'adolescenza. La storia umana si riduce a una tensione tra due elementi architettonici: il muro e il ponte. Come romanzieri gli evangelisti son piuttosto scarsi: quando nel racconto entra un personaggio formidabile lo lascino perdere. Quanto disprezzo delle regole drammaturgiche! O quanta ignoranza... Si comportano decisamente da scrittori dilettanti. Tanti edifici in Terra santa mi fanno l'effetto di un'idea resa male... Quando leggo i racconti di viaggiatori de passato come Chateaubriand, Lamartine o Loti li invidio per aver camminato in siti vergini. L'architettura mette insieme monumenti ebraici, cristiani e musulmani, eppure, paradossalmente, da quella profusione trapela un'armonia. Il diverso si cancella, come se, staccandosi dalla terra, gli edifici che svettano verso il cielo riuscissero a trovare uno spazio di concordia. Le pietre riescono in qualcosa che gli uomini sono incapaci di realizzare: la coesistenza. Perché? Per quale aberrazione non abbiamo anche noi la saggezza delle pietre? Cos'hanno imparato loro che a noi sfugge? Le pietre sanno di esser pietre, fatte di una materia comune, e di avere forme soltanto per acquisizione. L'umanità, per quanto riguarda se stessa, si ostina invece a dimenticarlo. Tanto per cominciare ci riteniamo assolutamente diversi gli uni dagli altri, mentre siamo tutti modellati nella stessa pasta umana. Quanto alle forme rivestite dal nostro essere - la lingua, la spiritualità, la cultura - invece di riconoscerle come acquisite, contingenti, storiche, dovute al caso della nascita e alle circostanze, ci convinciamo che siano fatte di un cemento le cui colate hanno irrimediabilmente forgiato la nostra identità. A Gerusalemme più che in qualunque altro luogo Dio ci provoca, non solo ci spinge verso il divino, ma indica la nostra umanità in ciò che essa ha di plurale, di composito, di incline all'armonia. Il mio cristianesimo non costituisce un sapere, ma un modo di abitare ciò che la mia ragione ignora. Grazie a esso mi dirigo attraverso una foresta, l'oscura condizione umana. Sempre a tentoni, ma con sempre più luce. Guardando Gerusalemme non so se essere più stupito dall'insolenza di Dio o dal suo senso dell'umorismo. Ecco cosa mi regala l'esperienza di Gerusalemme: di poter provare ciò che non posso concettualizzare. Continuo a non capire il mistero tanto quanto prima, ma lo percepisco intensamente. La mia fede è diventata un assenso alla realtà. Finché durava il pellegrinaggio ho tenuto a bada gli effetti dello shok del santo Sepolcro, la presenza di Gesù sotto forma di un calore, un odore, uno sguardo. Terminato il pellegrinaggio cedo. Lo shok mi percuote e si ripercuote, forze il passaggio, spezza mille barriere, crea un uomo nuovo. Avevo preso sottogamba la rivoluzione della rivelazione che si stava svolgendo dentro di me. In un primo momento aprirsi a una realtà trascendente stupisce, poi distrugge. C'è da ricostruirsi, ripensare tutto, modificare il proprio vocabolario, prendere contatto con altri riferimenti. Cambiare. Tanti paesi in uno solo! Questa terra non ha una storia, ne ha molte, a seconda che a considerarla siano gli ebrei, i cristiania o i musulmani, a seconda che il punto di vista sia babilonese, romano, ottomano, francese, inglese, arabo o israeliano. Come riportare così tanti paesi in un unico paese? Quali di queste storia scrivere per compiere un romanzo coerente? Il mondo intero si è dato appuntamento qui. Sono un pellegrino di oggi, non di ieri. Il pellegrino di una volta, sicuro della propria fede, figlio di un mondo profondamente religioso, venir qui a toccare ciò che conosceva già. Il pellegrino del presente, più fragile e spesso isolato, figlio di una società secolarizzata globalmente atea, si presenta disarmatodi fronte a una secolarizzazione sconosciuta da cui spera molto in un rafforzamento, in un rinnovamento o nel risveglio della propria fede. Gerusalemme è più carica di memoria che di storia. Le commemorazioni delle diverse spiritualità o delle diverse nazioni finiscono per pesare troppo. Lo studio del passato è però in grado di sminare le frontiere identitarie che si sono installate di recente. Un tempo i mondi religiosi mostravano più porosità tra loro e certe trasgressioni erano frequenti, per esempio i musulmani che andavano sulla tomba di Maria a chiedere la grazia di un figlio. D'accordo con la diagnosi di Vincent Lemire, ne apprezzo anche la cura: guarire la memoria attraverso la storia. [...] fra' Jean-Baptiste Humbert, eminente archeologo con due occhi turchesi che avrebbero potuto farlo diventare un attore del cinema, mi spiega perché detesta Gerusalemme: «Non solo tutto è esagerato, ma tutto è falso. È una città che celebra un tempio scomparso, una tomba vuota e una roccia nascosta dall'attribuzione incerta». Capisco le resistenze di ebrei, musulmani e atei nei confronti del cristianesimo. Oltre a turbare l'ordine pratico fondato sugli interessi materiali e sul timore diverticoli, il cristianesimo sciocca l'intelligenza. Blaise Pascal l'ha detto chiaramente: invisibile, Dio era molto più riconoscibile di quanto si è reso visibile. Che paradosso! Ci è più facile credere in un Dio assente che in un Dio sceso fra noi. Meglio aspettare il Messia che accoglierlo. Considerare Gesù un profeta, un saggio o un impostore tranquillizza il senso comune. Stancante Gerusalemme... Ogni giorno, mentre ne percorro le strade, la città mi chiede: «Chi sei?» Alloggiando vicino alla porta di Damasco, punto nevralgico tra il quartiere musulmano, il quartiere cristiano e gli edifici che a poco a poco gli ebrei vanno ricomprando, percepisco le tensioni che rendono elettrica la popolazione. Alcuni sono esasperati, altri esasperanti, molti riuniscono in sé i due estremi, tutti hanno i nervi a fior di pelle. Come loro, anch'io sono contaminata dall'atmosfera tesa. Ovunque c'è diffidenza, ovunque paura. ovunque ci sono uomini massicci dall'espressione impenetrabile concentrati sugli auricolari o giovani soldati più rilassati ma armati fino ai denti. Percepire costantemente quell'odio degli uni verso gli altri mi strema. L'ostilità ci prende tutti in ostaggio. Ci logora. Quanto al resto, quella pace a bassa intensità mi stupisce più della guerra a bassa intensità. Dovrebbe esplode in maniera più vistosa... Forse è necessario che gli esseri umani abbiano incisa in sé la nostalgia della pace per potersi rifiuta di cedere all'irrimediabile! Ecco la chiave di questa nazione: Israele risulta da quella violenza, dallo sterminio sistematico degli ebrei a opera dei nazisti. È stata fondata su un trauma. Come potrebbe una brutalità del genere non avere ripercussioni? Come non reagire con la forza quando si è stati vittime di una forza schiacciante, nichilista, senza compromessi? Si piò essere angeli dopo essere sfuggiti miracolosamente al nulla e aver visto morire i propri simili? Non solo questo popolo vinto ha bisogno di vittoria, ma ormai l'essenza dell'anima ebraica include il timore permanente della propria distruzione. Benché niente legittimi la violenza che talvolta il governo di Israele infligge alle popolazioni arabo-musulmane, essa è spiegata dalla Storia. Ma attenzione, spiegare non vuol dire giustificare. Per decenni questo studioso [Jean-Baptiste Humbert], che con le sue ricerche ha fornito elementi tangibili alla conoscenza del passato, ha spogliato la Bibbia del proprio meraviglioso. Ne è risultata ancora più bella. In cielo compaiono strisce di fumo nero. L'atmosfera umida è impregnata dell'odore triste dell'autunno, un misto di funghi fradici e foglie in decomposizione. Del fondo della valle, vicino allo stagno grigio, si leva un clamore. Pigolando, gorgogliando e starnazzando le oche selvatiche prendono il volo a colpi di energici battiti d'ala, oscurano l'orizzonte, formano una nube che si trasforma a poco poco in squadrone, poi bruscamente, come un'orda di cavalieri che sino assicurati della propria posizione in sella, filano verso sudest, in direzione di un lontano più soleggiato. Non ci avevo mai fatto caso, ma ora so dove vanno: in Israele. Tutti i venti della mente... Oggi in Occidente si ha più che mai bassissima stima dell'immaginazione, chiamata sdegnosamente l matta di casa. I nostri antenati sostenevano che fosse il veicolo di cui si servivano gli dei per introdursi dentro di noi. Non limitiamo la mente alla ragione. Non riduciamo la nostra vigilanza a esercitare solo una sorveglianza poliziesca sul comprendonio. L'attenzione mobilita altre risorse: l'intuito, la sensazione, l'immaginazione. Rivendico il diritto di esercitare forme di vigilanza molteplici. [...] Spesso Dio non riesce a passare tra noi o in noi. Siamo noi a doverlo far passare, tocca a noi allentare tutti quei freni che si chiamano chiusura, urgenza, certezza, dominio. Dietro ciò che il cristianesimo professa vedo il nostro caro Charles de Foucauld e la sua concezione di missione: testimoniare, non convertire. Regolarsi sulla "vita di Nazareth"... Seminare. Praticare l'inculturazione. Non si tratta di far diventare tutti cristiani, ma di comportarsi da cristiano. Poiché incarna delle virtù, un cristiano svolge un apostolato continuo. Perché partire? Me lo chiedevo qualche mese fa, quando all'idea avventurosa di peregrinare in terra santa preferivo la comodità del mio mestiere, per quanto talvolta pesante. Allora ero convinto che la mia mente si nutrisse solo di pensieri e di libri. Oggi mi sembra evidente che la mente avanzi con i piedi. Camminare, stancarmi, sudare, scoprire, incontrare: ecco le cose che ogni volta hanno suscitato il rinnovamento della mia vita spirituale. Se non avessi attraversato il Sahara non avrei mai ricevuto la fede. Se non fossi andato a Gerusalemme non avrei mai percepito Gesù come persona e come Dio. Sempre, nel corso della mia esistenza, le rivelazioni mi aspettavano alla fine della strada. Perché partire? Perché bisogna prima di tutto abbandonare la propria cornice, perdere i punti di riferimento, estirparsi dalle abitudini: è una rottura che costituisce un'igiene necessaria. i viaggio esprime poi il rispetto di se stessi, la cura che dedichiamo a noi stessi: dedicare tempo alle fantasticherie, all'improvvisato, alle sensazioni, ai sentimenti. Infine ci porta ad aprire le braccia, il cuore e l'intelletto, a lasciar andare i pregiudizi, a farci carico della nostra debolezza, a coltivare la nostra fragilità. Senza le nostre crepe da dove passerebbe la luce? Il viaggio taglia, disperde, ricentra e poi giunge a termine. In fondo ci sono due modi di capire un viaggio in Israele e Palestina, entrambi legittimi. Alcuni cercano le proprie radici nella terra. Io le ho trovate nel cielo. | |
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