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Lädt ... L'Italia del silenzio.9 settembre 1943: Storia del paese che non ha fatto i conti con il proprio passatovon Gianni Oliva
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8 settembre 1943: giorno della scelta e inizio del riscatto? Oppure fine di una stagione e "morte della patria"? Dopo la firma dell'armistizio di Cassibile - Mussolini áe ancora prigioniero sul Gran Sasso - il re e Badoglio fuggono verso Pescara, l'Italia continua a essere in guerra ma non si sa bene contro chi. Il paese áe allo sbando. I partiti, ridotti alla clandestinitáa durante il Ventennio, si riorganizzano attorno al Cln (Comitato di liberazione nazionale). E i partigiani danno vita ai primi nuclei della Resistenza. Si lotta per cacciare il tedesco occupante, per abbattere la monarchia di Vittorio Emanuele III e istituire la democrazia. Per decenni abbiamo guardato a quel periodo come al retroterra ideale, etico e storico della cultura antifascista della nazione. Ma una simile ricostruzione, mescolando celebrazione e rimozione, ha davvero raccontato i fatti per come si sono svolti? Oppure ha finito per alimentare una "vulgata" che ha resistito per anni sia alle crepe del tempo, sia alle domande scomode che gli studiosi hanno cominciato a porsi? Con un libro provocatorio sin dal titolo, Gianni Oliva racconta un altro 8 settembre: il giorno del silenzio, silenzio della morale, della ragione, della volontáa. Ricostruendo gli eventi drammatici del 1943-45 che "sconvolsero" l'Italia, Oliva racconta di un'atmosfera antieroica, dove l'elemento dominante fu in larga misura quello dell'attesa, "eterna psicologia italiana che aspetta dagli stranieri la salvezza" scriveráa Piero Calamandrei-- Keine Bibliotheksbeschreibungen gefunden. |
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Anche là dove brulicava la confusione di soldati che si muovevano senz'ordini o di cittadini che arraffavano nei depositi abbandonati, la scena era dominata dalla paralisi delle energie e dall'esaurimento psicologico. Ricostruendo ora per ora gli eventi drammatici del 1943-45 che «sconvolsero» l'Italia, Oliva racconta di un'atmosfera antieroica, dove l'elemento dominante fu in larga misura quello dell'attesa, «eterna psicologia italiana che aspetta dagli stranieri la salvezza» scriverà Piero Calamandrei. Fu infatti la letteratura del dopoguerra ancora prima che la storiografia - a maturare una lucida e concreta consapevolezza di quanto accaduto e a elaborare una memoria «più veritiera»: scrittori e intellettuali come Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Curzio Malaparte, Mario Tobino, Corrado Alvaro, Italo Calvino fissarono con realismo tenace i tratti salienti di una frattura etica e generazionale. Agli occhi del lettore contemporaneo, che non interpreta più i fatti con la sola lente deformante dell'ideologia, sono loro i testimoni «dissacranti» di una pagina livida e amara del nostro passato. Per questo dobbiamo continuare a domandarci se la Resistenza è stata davvero un'esperienza palingenetica della nostra storia o non, piuttosto, l'alibi attraverso cui l'Italia e gli italiani hanno evitato di fare i conti con le proprie responsabilità. Ma non solo: la nostra democrazia repubblicana è ancora abbastanza solida per non avere più bisogno di legittimazioni storiche? Oppure è disorientata e confusa proprio perché si è fondata su legittimazioni estremamente fragili? Sulla base di queste premesse Gianni Oliva ridisegna con scrupolo e attenzione i termini di un dibattito storiografico e culturale che non smette di alimentare accese polemiche e sterili contrapposizioni ideologiche. Che, come sempre accade, allontanano dalla verità. ( )