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The Internet of Us: Knowing More and…
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The Internet of Us: Knowing More and Understanding Less in the Age of Big Data (2017. Auflage)

von Michael P. Lynch (Autor)

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"With far-reaching implications, this urgent treatise promises to revolutionize our understanding of what it means to be human in the digital age. We used to say "seeing is believing"; now googling is believing. With 24/7 access to nearly all of the world's information at our fingertips, we no longer trek to the library or the encyclopedia shelf in search of answers. We just open our browsers, type in a few keywords and wait for the information to come to us. Indeed, the Internet has revolutionized the way we learn and know, as well as how we interact with each other. And yet this explosion of technological innovation has also produced a curious paradox: even as we know more, we seem to understand less. While a wealth of literature has been devoted to life with the Internet, the deep philosophical implications of this seismic shift have not been properly explored until now. Demonstrating that knowledge based on reason plays an essential role in society and that there is much more to "knowing" than just acquiring information, leading philosopher Michael Patrick Lynch shows how our digital way of life makes us overvalue some ways of processing information over others, and thus risks distorting what it means to be human. With far-reaching implications, Lynch's argument charts a path from Plato's cave to Shannon's mathematical theory of information to Google Glass, illustrating that technology itself isn't the problem, nor is it the solution. Instead, it will be the way in which we adapt our minds to these new tools that will ultimately decide whether or not the "Internet of Things"--All those gadgets on our wrists, in our pockets and on our laps--will be a net gain for humanity. Along the way, Lynch uses a philosopher's lens to examine some of the most urgent issues facing digital life today, including how social media is revolutionizing the way we think about privacy; why a greater reliance on Wikipedia and Google doesn't necessarily make knowledge "more democratic"; and the perils of using "big data" alone to predict cultural trends. Promising to modernize our understanding of what it means to be human in the digital age, The Internet of Us builds on previous works by Nicholas Carr, James Gleick and Jaron Lanier to give us a necessary guide on how to navigate the philosophical quagmire that is the Information Age"--Publisher's description.… (mehr)
Mitglied:Szitas
Titel:The Internet of Us: Knowing More and Understanding Less in the Age of Big Data
Autoren:Michael P. Lynch (Autor)
Info:Liveright (2017), Edition: 1, 256 pages
Sammlungen:Deine Bibliothek
Bewertung:
Tags:Keine

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The Internet of Us: Knowing More and Understanding Less in the Age of Big Data von Michael P. Lynch

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referenced in Reader, Come Home by Maryanne Wolf
  pollycallahan | Jul 1, 2023 |
Il problema "sembra" essere tutto qui: "sembra" che sappiamo di più, ma "sembra" anche che conosciamo di meno. La differenza tra "sapere" e "conoscere" è filosofica o esistenziale? E' una illusione o una realtà? Io so di essere io, ma posso dire di conoscere veramente chi sono?

E se non so chi sono, come faccio a conoscere gli altri? Se le cose stanno così, allora "sembra" che la colpa sia tutta di Internet o del Web. Ma, come forse non tutti si rendono conto, Internet non è il Web, allo stesso modo di come "sapere" non è "conoscere".

Sarebbe ben contento di leggere quello che ho scritto un mio amico "poeta" che ha una lunga vita passata, ricca di vicissitudini esistenziali. Non conosce Internet, se non di nome, ma sa come imprecare contro di essa, specialmente quando vede continuamente la gente andare in giro con quella che lui chiama "la tavoletta", vale a dire il cellulare, l'iPad o pc che sia. Su di lui ho scritto qualche tempo fa anche un libro, una piccola antologia di quanto ha pensato, scritto e sopratutto fatto nella sua lunga esistenza. Gli auguro ancora tanti anni, lui che ormai si avvia quasi al traguardo del secolo.

Eppure continua a scrivere su tanti quadernoni che sistematicamente riempie di note, appunti, disegni, poesie, considerazioni e poi li consegna a suo figlio, "a futura memoria". Lui, di sicuro, non leggerà questo mio post. Lui non conosce la Rete, non ha mai navigato, a stento possiede un telefonino solo per parlare, sempre scarico per mancanza di fondi. Se mai leggerà quello che sto scrivendo, lo farà perchè questo post lo stamperò e glielo passerò io. Ma lui, testardo, continua a scrivere e dice che lo farà fino a quando resterà in vita. Dice che deve continuare a farlo perchè sa di avere da dire ancora tante cose, dopo tutte le cose che ha fatto. Si rende conto, però, che ne conosce sempre di meno.

Non importa se nessuno leggerà quei quadernoni, l'importante è che lui, quello che pensa, lo dica a se stesso ed anche all' "altro" che lo perseguita. E' un ritornello che non si stanca mai di ripetere. Anche molta altra gente, molto più acculturata di lui, si sente perseguitata non tanto dagli altri, quanto da se stessi. Quello che pensano e scrivono non va in Rete, non conoscono il piacere dell'interscambio, della condivisione, del "gossip" o della "chat" e del "download", come del "copia e incolla" e dell' "hashtag". Lui e gli altri non conoscono questi trucchi della comunicazione. Lui, poi, nel suo c.v. ha soltanto la quinta elementare. La laurea gliel'ha data l'università della vita.

Manovale, muratore, capo cantiere, progettista, architetto, imbianchino, pittore, acquerellista, disegnatore, poeta, scrittore, in italiano e in vernacolo. I mezzi, i modi e gli strumenti per comunicare li ha usati tutti, senza mai studiarli, li ha conosciuti tutti. Cose che ha saputo fare. Proprio come tutte le cose che puoi trovare in Rete, a tua disposizione, gratis, a portata di clic. Ma non troverai quello che pensa e scrive "masta 'a Gino" il "poeta" di Episcopio, alle falde del monte Saro, nella Valle del Sarno su quei quadernoni. Lui resta tagliato fuori dalle grandi vie di comunicazioni, da quella che è stata definita la "autostrada dell'informazione" che dovrebbe avere come meta il "sapere", anche chiamato "conoscenza". Sapere per conoscere, conoscere per sapere.

Il fatto è che su questa "autostrada dell'informazione", il "grande emancipatore", colui o colei, come è stata definita Internet, che avrebbe dovuto creare una nuova e diversa cittadinanza su questo pianeta, dopo una ventina di anni dalla sua diffusione, continua a generare cinismo e paure. Non è vero forse che continuiamo a mettere in guardia i nostri figli dalle insidie che aumentano di giorno in giorno, in quel l'immenso calderone ribollente di tutto? Non è vero che c'è una lotta continua da quelle parti contro chi ci minaccia da molti punti di vista?

Forse per tutto questo non sappiamo più distinguere il bene dal male, o meglio, se sapere tutto così com'è messo a nostra disposizione, non sappiamo più la differenza tra sapere e conoscenza, a che serve l'una a che serve l'altra. Quello che scrive l'autore di questo recente libro, autorevole filosofo e studioso, sembra ricalcare quello che dice il mio amico. È chiaro che Internet ha segnato una svolta nella storia della conoscenza e del sapere degli uomini racchiuso nella espressione "Information technology".

È nata per l'occasione la frase "Internet of us", come "Cosa nostra". Qualcosa che ci appartiene ed alla quale tutti apparteniamo. Qualcosa che mentre allarga ed estende le nostre capacità di sapere, dall'altra ci frena illudendoci di sapere tutto. Una rete che mette in evidenza tutti quei problemi che hanno sempre occupato la strada della conoscenza sui quali anche il mio amico "sembra" continuare a sbattere la testa: dove finisce il sapere e quando inizia la conoscenza. Lo aveva anticipato il grande T. S. Eliot:

Si leva a volo l'Aquila alla sommità del Cielo;
il Cacciatore coi cani segue il suo percorso.
O rivoluzione perpetua di stelle configurate,
o ricorrenza perpetua di stagioni determinate,
o mondo di primavera e d'autunno, di nascita e morte!
Il ciclo senza fine dell'idea e dell'azione,
L'invenzione infinita, l'esperimento infinito,
Portano conoscenza del moto, non dell'immobilità;
Conoscenza del linguaggio, ma non del silenzio;
Conoscenza delle parole, e ignoranza del Verbo.
Tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza,
Tutta la nostra ignoranza ci porta vicino alla morte.
Ma più vicino alla morte non più vicini a Dio.
Dov'è la Vita che abbiamo perduto vivendo?
Dov'è la saggezza che abbiamo perduto sapendo?
Dov'è la sapienza che abbiamo perduto nell'informazione?
I cicli del Cielo in venti secoli
Ci portano più lontani da Dio e più vicini alla Polvere.



Thomas Stearns Eliot da Cori da "La Rocca",
(Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1994, p. 37)


Ecco, tra sapere e conoscenza, tra Internet e Web, il cerchio si chiude e arriveremo, forse, laddove abbiamo cominciato e ricominceremo di nuovo. Gino continua a pensare e scrivere, ma nessuno legge la sua scrittura a mano sui quadernoni. Affida il suo sapere, la sua passata esperienza alla conoscenza di un futuro lettore che forse mai verrà. Se potesse mettere in rete quello che ha pensato, fatto e scritto in tutti i suoi anni, forse rimarrebbe qualcosa. Internet potrebbe essere "cosa nostra", di tutti gli umani, passati, presenti e futuri. Potrebbe significare un nuovo modo di intendere la nostra condizione di umani e digitali.

Si suole dire "vedere per credere". L'Apostolo volle anche "toccare" per credere. Google ci invita a credere ciò che ci offre addirittura "prima di chiedere". Il suo slogan è chiaro: "Risposte prima di chiedere" in ogni momento, su qualsiasi tipo di informazione, con pochi clic, e nessun sforzo mentale. Ma se questa esplosione di innovazione tecnologica ci mette in condizione di sapere di più, siamo sicuri di capire poi meglio? La conoscenza basata sulla ragione, quella umana, quella che ci offre Google, senza che noi nemmeno chiediamo, siamo sicuri essere quella migliore, quella definitiva?

Il problema non è la tecnologia che non sembra essere nemmeno la soluzione, anche se essa continua a trovarsi a suo agio adattandosi a noi (o siamo noi che ci adattiamo ad essa?) Aggeggi che sono vere e proprie estensioni del nostro essere. Ci porteranno verso destini di una nuova imprevista evoluzione? Ritorneremo ai quadernoni del mio amico poeta? Oppure essi andranno irrimediabilmente perduti? Sapremo leggerli dopo di avere cancellato la scrittura manuale tradizionale ed essere diventati digitali? Dopo il diluvio alfabetico, sarà il diluvio digitale la nostra fine, oppure la sospirata "vita nova"?

https://goo.gl/eqe7DP
( )
  AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
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"With far-reaching implications, this urgent treatise promises to revolutionize our understanding of what it means to be human in the digital age. We used to say "seeing is believing"; now googling is believing. With 24/7 access to nearly all of the world's information at our fingertips, we no longer trek to the library or the encyclopedia shelf in search of answers. We just open our browsers, type in a few keywords and wait for the information to come to us. Indeed, the Internet has revolutionized the way we learn and know, as well as how we interact with each other. And yet this explosion of technological innovation has also produced a curious paradox: even as we know more, we seem to understand less. While a wealth of literature has been devoted to life with the Internet, the deep philosophical implications of this seismic shift have not been properly explored until now. Demonstrating that knowledge based on reason plays an essential role in society and that there is much more to "knowing" than just acquiring information, leading philosopher Michael Patrick Lynch shows how our digital way of life makes us overvalue some ways of processing information over others, and thus risks distorting what it means to be human. With far-reaching implications, Lynch's argument charts a path from Plato's cave to Shannon's mathematical theory of information to Google Glass, illustrating that technology itself isn't the problem, nor is it the solution. Instead, it will be the way in which we adapt our minds to these new tools that will ultimately decide whether or not the "Internet of Things"--All those gadgets on our wrists, in our pockets and on our laps--will be a net gain for humanity. Along the way, Lynch uses a philosopher's lens to examine some of the most urgent issues facing digital life today, including how social media is revolutionizing the way we think about privacy; why a greater reliance on Wikipedia and Google doesn't necessarily make knowledge "more democratic"; and the perils of using "big data" alone to predict cultural trends. Promising to modernize our understanding of what it means to be human in the digital age, The Internet of Us builds on previous works by Nicholas Carr, James Gleick and Jaron Lanier to give us a necessary guide on how to navigate the philosophical quagmire that is the Information Age"--Publisher's description.

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