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Matematica della Letteratura

von Angelo Piero Cappello

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Dott. Angelo Piero Cappello, Lei ha curato l’edizione del libro Matematica della letteratura edito da Mimesis: cosa ha significato, per le abitudini di lettura degli italiani, la pandemia da Covid-19?

Fin dagli anni ’70, con illustri interpreti e studiosi come Roland Barthes, siamo stati abituati a pensare alla lettura come oggetto di un dualismo inconciliabile: “lettura verticale”, profonda, che forma, condotta con piena cognizione e “lettura orizzontale”, rapsodica, che informa, di superficie. Studi di neuroscienziate, poi, come Maryanne Wolf, hanno addirittura spiegato come la mappa neuronale preposta alla lettura, in ciascun lettore, si modifica con la lettura orizzontale, perde raggio d’ampiezza e capacità di memoria, sfuma le condizioni cognitive e impoverisce l’acquisizione e la memorizzazione dei contenuti. La pandemia, con tutto quel carico di tragedia che si è portata dietro, ci ha costretti invece a fare i conti con un ‘ecosistema digitale’ del quale abbiamo potuto scorgere, per la lettura, anche i vantaggi: non solo perché “il digitale” ha sostenuto la filiera del libro, dalla produzione al consumo, ma anche perché la stessa attività di lettura (che, provocatoriamente, potremmo cominciare a definire “diagonale”!) ne è uscita rafforzata. Si sono venduti più ebook, più audiolibri e – sorpresa – più libri: il perché è da ricercare non nel maggior tempo passato in casa ma nella facilità aumentata con cui ci si può procurare un libro e farselo perfino consegnare a casa. Lo so, questo è un problema importante per un luogo importante di cultura diffusa come le librerie: ma è un altro problema e andrà affrontato e risolto in altra sede e con altri strumenti. Intanto, il libro non è più quell’oggetto concluso in sé, limitato dai confini imposti dalla prima e dalla quarta di copertina, è uscito dai suoi confini cartacei e dialoga con il resto della rete: abbiamo assistito a personaggi romanzeschi dotati di un loro profilo Facebook, di saggi divulgativi che rimandano a sitografie del web, siti web che rimandano a libri in un dialogo ininterrotto di cui ha beneficiato non solo il libro (l’oggetto commerciale) ma anche la lettura (l’attività sociale): una lettura che non si propone più come un surfing sulla superficie dello schermo del computer, ma proprio come approfondimento e ricerca di contenuti specifici. Su questa strada occorrerà verificare, continuando a difendere l’importanza del libro e della lettura, tutte le opportunità di crescita che l’ausilio della rete ci offre.

Semmai, ora l’obiettivo è capire se, e in quale misura, i comportamenti osservati si protrarranno stabilmente nel futuro, con tutto ciò che ne conseguirebbe nella ridefinizione delle politiche di sostegno alla lettura e della filiera libraria. La domanda a cui dovremo ora cercare di dare una risposta è essenzialmente se i comportamenti già presenti tra i lettori – il crescente uso dell’e-commerce, la lettura di e-book e l’ascolto di audiolibri, l’ibridazione tra cartaceo e digitale, lo spostamento dai media giornalistici tradizionali a virtuali – che hanno conosciuto una grande accelerazione legata alla situazione in corso, torneranno a riallinearsi ai trend precedenti il lockdown oppure no. La prima indagine condotta a maggio 2020 dal Centro per il libro e la lettura con il Libro bianco (disponibile on line sul sito www.cepell.it) mostrava dei lettori italiani «distratti» dalla pandemia, con poco tempo da dedicare alla lettura di libri in giornate passate a seguire le mille notizie che ossessivamente TV, siti Internet di informazione e social media riversavano su cittadini comprensibilmente attoniti. Quella di ottobre mostra dati diversi, in cui tutte le dimensioni della lettura crescono. Si conferma, in primo luogo, ciò che gli intervistati di maggio avevano indicato nel rispondere a una delle domande del questionario. La differenza tra la quota di persone che prevedevano di incrementare in futuro la lettura e la quota di chi prevedeva di lasciarla immutata (o diminuirla) era positiva di 4,7 punti. Un dato che contraddistingueva la lettura da tutti gli altri consumi culturali, che registravano valori negativi. Il dato è ancor più importante perché la richiesta di previsione di comportamento (con tutte le cautele che le indagini previsionali hanno) avveniva poco dopo il 4 maggio – data spartiacque tra Fase 1 e Fase 2 della pandemia – quando le restrizioni erano state solo parzialmente rimosse. In questo contesto, gli intervistati individuavano proprio nella lettura di libri l’attività che avrebbero incrementato diversamente dagli altri consumi culturali. La lettura «nel complesso» (libri, e-book, audiolibri) tra maggio e ottobre passa dal 58% della popolazione 15-74 anni, al 61%. In valori assoluti, da 26,2 milioni di individui a 27,6 milioni (+5%). Ecco cosa ha significato per le abitudini di lettura degli italiani la pandemia.

Quali cambiamenti ha introdotto, nella filiera dell’editoria, l’era digitale?

I cambiamenti che io vedo sono molteplici, come dicevo, dalla produzione al consumo: il “produttore” (l’autore) ha definitivamente imparato a considerare la rete una estensione del mondo conosciuto e conoscibile, dove allevare i suoi personaggi (per la fiction) ma anche dove prolungare o rinviare i contenuti del libro (per la non fiction); l’editoria ha imparato a strutturare processi di elaborazione e produzione in rete, ha imparato o affinato percorsi di produzione e vendita on line; il consumatore ultimo ha imparato a leggere su qualunque supporto, ad acquistare libri con qualunque piattaforma, ha gustato il delivery del libro, ha fruito del prestito on line nelle biblioteche.

Il libro è cambiato, e la lettura di conseguenza. E va detto anche che, in parte, la funzione essenziale del libro è cambiata o, meglio, sono cambiati – e non credo si tratti di cambiamenti provvisori – i metodi e le modalità di fruizione della lettura: con l’avvento del web, tecniche, modalità e abitudini di lettura e perfino la circolazione del prodotto culturale – sia esso rivista, libro o qualunque altro prodotto legato alla lettura o alle pratiche del consumo culturale – hanno cambiato confini, traiettorie, percorsi di diffusione e modalità di consumo e fruizione.

Il digitale ha rivoluzionato non solo tempi e luoghi delle pratiche interazionali, ma anche le modalità di ascolto e di lettura degli attori, alle prese con linguaggi che si adattano rapidamente alle necessità rappresentative della rete. Oggi il libro e la sua fruizione, come spazio di conservazione e trasmissione del sapere e della memoria, tendono sempre più ad essere digitali o digitalizzati, e comunque, al limite, digitalizzabili. Il web ha di fatto messo in crisi la vecchia ripartizione di compiti e ruoli e modalità dei consumi di cultura: in uno stesso spazio libero, oggi giocano ruoli assai più complementari che in passato libri, giornali, riviste, blog, ebook, siti web, instant books, profili, social network e web magazine: questo agone comune che è il web, dove sono saltati i confini tra l’una e l’altra abitudine di lettura, dove paradossalmente è possibile perfino stamparsi le pagine che si desidera leggere “on demand” o in self publishing, costringe tutti gli operatori della filiera a ripensare funzioni e modalità di servizio al pubblico. Di tutto questo, hanno immediatamente avuto consapevolezza e hanno prontamente reagito adeguandosi i protagonisti della filiera del libro.

In che modo può avvenire l’incontro virtuoso tra studi umanistici e informatica?

Pensare oggi la cultura come ancora divisibile e classificabile secondo le due macrocategorie di “umanistica” e “scientifica”, intanto, sarebbe una falsa rappresentazione del sapere contemporaneo: la diffidenza che lo studioso e il cultore della letteratura nutre nei confronti della matematica e dell’informatica è, oggi, forse solo un apparato difensivo e snob: immaginare di poter fare “letteratura” (in senso lato, sia come produttore di letteratura sia come critico o lettore professionale di letteratura) senza l’ausilio del digitale è in fondo una mistificazione. Appare chiaro che oggi tale diffidenza, almeno quella verso il digitale come ambiente della lettura, non abbia più giustificazioni, e d’altronde la crescente penetrazione della lettura su supporto digitale dimostra come, anche presso il pubblico vasto dei lettori, questa consapevolezza stia divenendo senso comune. In questo senso, invito i cultori delle materie letterarie a smettere quell’atteggiamento di inopportuna superiorità e, perfino, di snobistica ignoranza (nel senso di non conoscenza) verso il contesto digitale e la strumentazione informatica dentro i quali oggi avviene necessariamente qualunque atto comunicativo, incluso quello letterario. La lettura, ma anche la nostra capacità di comprendere e spiegare il fatto letterario deve estendersi e arricchirsi, facendo uso di quelle formidabili macchine argomentative che sono gli algoritmi e i metodi quantitativi. Si tratta infatti di un genere di conoscenza diverso, più sincretico, che richiede insieme il ripensamento degli apparati teorici e d’indagine dello studioso di letteratura, e lo sforzo intellettuale di comprendere un sistema di saperi nuovi, apparentemente estranei e affatto facili, ma ormai indispensabili perché connaturati sia all’atto enunciativo (anche poetico e letterario) sia all’atto ricettivo (anche di lettore ‘forte’ o professionale). Credo tuttavia che la duplice sfida valga l’impegno richiesto per affrontarla: ne avremmo una letteratura, anche critica, accresciuta dalle potenzialità che il digitale offre e, contemporaneamente, ci consentirebbe di avere una informatica non poi così arida ma adattabile anche alle scienze umane. E questo perché se da una parte essa apre nuovi orizzonti di comprensione del testo, dei testi e del letterario, dall’altra favorisce una innovazione interna dei saperi umanistici che li mette in grado di porsi all’altezza delle sfide della contemporaneità.

D’altra parte, l’applicazione di tecniche quantitative in ambito testuale non è nuova.

Ma l’esplosione dei social network nel corso degli ultimi venti anni ha portato ad una rivoluzione nelle tecniche statistiche volte ad individuare i legami che si stabiliscono nelle reti individuali, innovando profondamente il modo di rappresentare e interpretare le modalità di comunicazione e di interazione che si stabiliscono all’interno delle formazioni sociali, siano esse “fisiche” o “virtuali”. L’applicazione di queste metodologie quantitative alla grande letteratura assume un rilievo particolare. Da un lato, l’analisi dei testi fondamentali di una lingua consente di comprenderne le caratteristiche statistiche e, quindi, di sviluppare algoritmi di lettura e interpretazione automatica da utilizzare su grandi masse di messaggi e testi. Dall’altro, le più recenti tecniche di network analysis, volte a determinare il grado di connessione tra le persone all’interno di un determinato sistema (come potrebbe essere quello chiuso di un singolo volume di narrativa), possono essere utilizzate per quantificare il tessuto relazionale di un’opera letteraria, aiutando a comprendere o, addirittura, a dirimere le contrapposizioni tra diverse interpretazioni critiche. L’analisi quantitativa di un testo come quello de Il Piacere di Gabriele d’Annunzio ad esempio, si configurerebbe di duplice interesse. Da un lato, se consideriamo questo romanzo come il punto di partenza dello sviluppo della lingua italiana contemporanea, possiamo utilizzarlo come benchmark per individuare e misurare l’entità delle variazioni che si sono registrate nel corso degli ultimi 150 anni. Dall’altro, applicando le nuove tecniche quantitative di analisi dei social network, possiamo esplorare le relazioni esistenti tra i personaggi, e tra loro e il tempo narrato e narrativo, senza fare ricorso all’intermediazione culturale della sola critica letteraria e fornire cosi uno strumento, integrativo più che integrativo, per validare eventuali interpretazioni contrastanti.
E alla fine, queste “strumentazioni” innovative servono anche agli studenti ancora e sempre per provocare in modo più preciso e rinnovato l’indiscutibile piacere del testo.

Quali nuovi approcci al testo letterario hanno inaugurato le tecnologie digitali?

Negli anni che hanno preceduto la pandemia, si erano già avviate importanti e intensive campagne di digitalizzazione dei testi della tradizione letteraria universale: ciò ha prodotto, per dirla in termini informatici, una sorta di ricchissimi depositi di Big Data culturali in molte lingue: se ogni testo è un textus, un corpus intessuto di parole, va da sé che il risultato finale è quello di avere a disposizione una enorme quantità di dati linguistici (e letterari, nello specifico) che possono cominciare ad essere investigati con metodi quantitativi, che aggiungono risultati e conoscenze alle vecchie indagini analogiche prodotte per via induttiva.
Inoltre, una volta definito il contesto teorico di questa svolta ‘computazionale’ negli studi letterari, potremmo essere in grado di “aumentare” il potenziale della lettura tra giovani e non giovani lettori: con l’ausilio digitale, infatti, si scopre che esistono fenomeni letterari e culturali, sia sincronici sia diacronici, che non sono accessibili e spiegabili adottando il tradizionale approccio ermeneutico basato sul close reading – cioè sulla lettura profonda di una o di poche grandi opere e sulla interpretazione puntuale delle loro caratteristiche formali o del loro contenuto. Avere a disposizione una strumentazione informatica che elabora simultaneamente milioni di informazioni lessicali e/o semantiche produce da subito una capacità investigativa dei testi enormemente superiore a quella condotta in maniera tradizionale. Senza contare che, per un nativo digitale, è cosa spontanea l’ausilio della tecnologia applicata ai testi. Ovviamente la sfida dell’analisi quantitativa su vasta scala richiede la individuazione di appropriate modalità di rappresentazione dei testi come dati numerici. La strategia più produttiva consiste nella vettorializzazione dei testi. Un vettore è una lista ordinata di valori numerici, i quali a loro volta rappresentano un insieme di proprietà opportunamente quantificate dell’oggetto rappresentato: un concetto che può sembrare lontano dalla lettura semplice o semplificata del testo letterario e che, invece, una volta compreso e assimilato, produce una “lettura aumentata” del testo in questione ed un più profondo piacere cognitivo.

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