Seconda lettura di Maggiani, di cui mi si conferma con evidenza l'attenzione alla ricerca e l'abilità nel costruire strutture narrative che si muovono con libertà nel tempo e nello spazio, per me ora un po' più visibili nella loro tecnicalità e dunque meno trasparenti, meno al servizio di una narrazione coinvolgente. Da questo punto di vista, a mio avviso La regina disadorna riesce molto bene nella sua prima parte, quella genovese, e poi perde capacità di coinvolgimento e meraviglia nella seconda, per fare infine un po' un capitombolo con un finale abbastanza scontato e quindi (almeno per me) deludente. A ogni modo, Maggiani resta autore con cui desidero continuare a confrontarmi. ( )

Il porto di Genova, i camalli, i carbunè, le puttane nei bassi, i carugi.... Maggiani ha il dono di saper trasformare in mito (eterno, immutabile) squarci di vita quotidiana, piccole storie di persone che grazie alla sua penna diventano eroi, grandi e tragici. Così le vicende di Sascia e Paride e del loro figlio Giacomo sembrano svolgersi in tempi dilatati e immoti, le loro azioni sono gesti lenti e ieratici che hanno dentro tutta la saggezza del mondo. La scrittura di M.M. è dolce, carezzevole, perfetta. Da Genova alla Polinesia la magia del suo stile ci parla di un mondo che non c'è più eppure è vicinissimo, perchè è diventato fondamento archetipico del nostro pensare

Un prete ragazzo e una regina bambina. Lo scenario solennemente operaio del porto di Genova e quello solennemente primitivo di un'isola sperduta nel Pacifico. Due vite si sfiorano alle miracolose altezze dell'innocenza e della giovinezza sopra i paesaggi del secolo, le ferite della storia, l'invadenza del caso. E a segnare l'umana avventura della moltitudine di personaggi che si muovono intorno, il passo inconfondibile della speranza.
Leggi di