Claude Sautet (1924–2000)

Pour ce film tourné en 1980, Claude Sautet délaisse ses habituels personnages de la bourgeoisie française pour dépeindre un univers modeste. Bruno (magnifique et vibrant Patrick Dewaere) revient des Etats-Unis où il a été incarcéré pendant 5 ans pour avoir dealé de la drogue. Dès le matin de son arrivée à Paris, il rend visite à son père (Yves Robert), veuf depuis deux ans, qui habite un petit appartement cafardeux. La surprise de voir apparaître ce fils perdu sur le seuil de sa porte est immense, entre rancoeur et joie ; difficile de savoir laquelle des deux l'emporte dans une émotion aussi ambivalente.
Bruno a envie de mener une vie honnête. Il cherche du travail, accepte même un premier job très pénible de chargement de marchandises. Dans la librairie de livres anciens d'un esthète passionné (extraordinaire Jacques Dufilho), il tombe amoureux de Catherine (Brigitte Fossey), qui essaie elle aussi de ne pas retomber dans l'enfer de l'addiction.
Le coeur du film est celui du lien et du renouement : le lien père-fils, corrompu ici par la disparition de l'épouse-mère (le père accusant le fils d'être à l'origine du décès de cette dernière alors que l'on découvre bien plus tard dans le film que la part du père est loin d'être insignifiante). La libération de ses démons passe par la tentative de renouer avec le père et à travers le père, avec soi-même.
Encore un film juste de Claude Sautet, très bien dirigé et interprété.… (mehr)

per molti una sorpresa. Non per chi ama e segue il cinema francese, escluso dalla grande programmazione ma capace di suscitare rare emozioni, solo che lo voglia. Claude Sautet ricama cinema da una ventina d'anni e sulla soglia dei 70 trova la tardiva affermazione. Per meglio comprendere l'ingiustizia patita sarà opportuno non lasciarsi sfuggire il suo film precedente, Qualche giorno con me. Sarà più facile comprendere il successo di Un Cuore in inverno, che narra le vicende di Maxime e Stéphane. Legati da vincoli professionali, sono liutai apprezzati dalla raffinata clientela, hanno caratteri diversi. Maxime è l'amministratore, Stéphane un artista dalle mani d'oro sanno costruire strumenti musicali e automi dai complicati meccanismi. Maxime ha una storia importante con Camille, una giovane e affascinante violinista. Stéphane, con il suo carattere schivo, sembra ignorare una vicenda che non gli appartiene. Ma è proprio la sua sobrietà che attira l'attenzione di Camille. La donna non nasconde la sua attrazione. Stéphane sembra ricambiare. Infine ed inspiegabilmente si ritrae. Lascia che tutto finisca, compresa l'amicizia con Maxime. Tutto qui. Eppure il triangolo Maxime, Camille e Stéphane è una delle geometrie più fragili e resistenti del cinema d'ogni tempo. Se Maxime è una figura necessaria al racconto, Camille è inesorabilmente donna. Appassionata, capace di compiere salite e discese che denotano il prodigarsi della sua anima. Infine Stéphane, che lo straordinario Daniel Auteuil ci rende caro per la sua reticenza. Così chiaro il suo disegno, che ognuno di noi ha vissuto o desiderato di attuare. La reticenza di fronte alla possibilità di amare non è un atto di vigliaccheria, ma la sublimazione di un sentimento ibernato, affinché si conservi per sempre. Questo progetto di non amore è narrato da Sautet con un ingrediente rivoluzionario e temerario: il sussurro dei sentimenti. E tutto nei terribili anni Novanta. Leone d'argento alla 49ª Mostra di Venezia.… (mehr)