> Babelio : https://www.babelio.com/livres/Weil-Lettre-a-un-religieux/723416
> Critiques Libres : http://www.critiqueslibres.com/i.php/vcrit/7448
> Lire Simone Weil (G.L., Le devoir, 25 avr. 2009) : https://collections.banq.qc.ca/ark:/52327/2815239

It's hard not to like a book that starts with the idea of a "painful spiritual state" that the author "would like to make... not less painful, only clearer. Any pain whatsoever is acceptable where there is clarity." It is hard to like a book filled with such history-of-religion cliches as the cruel God of Israel, the idolatry of the Jews, and the (usually praiseworthy) wish to compare religions that aren't really comparable at all; Weill compares Christianity, which she sees as centered on beliefs, to other religions, which are arguably centered on practices instead, and finds all kinds of parallels to Christian doctrine that are no such thing. This is particularly silly when combined with Weil's philohellenism, leading to claims like "Christ... recognized himself in the proportional mean of Greek geometry" and "Heraclitus recognized a Trinity." Weil searches hard for similarities in religions, with the best of intentions, and unfortunately is smart enough to find similarities everywhere.

Her good will works better when she makes the arguments that the 'saved' must be those who are truly charitable, not those who believe the right things; that dogmas should not be affirmed, but meditated upon; that 'miracle' should be applied only to morality, not to physical oddities; that "The idea of God going in quest of man is something unfathomably beautiful and profound. Decadence is shown as soon as it is replaced by the idea of man going in quest of God."

Unfortunately, the letter ends with ridiculous conspiracy-theorising based on historical nonsense. But, of course, it wasn't necessarily meant to be published. ( )

Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non aver nulla in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento con una specie di certezza che questa fede è la mia, o più precisamente sarebbe la mia senza distanza tra essa e me determinata dalla mia imperfezione'. Giunta agli ultimi anni della sua vita, Simone Weil volle esporre in una lunga lettera al padre Marie-Alain Couturier i propri convincimenti, per verificarne la compatibilità 'con l'appartenenza alla Chiesa'. La risposta non arrivò mai, e la Weil rimase fino all'ultimo fedele alla sua 'vocazione di essere cristiana al di fuori della Chiesa'. Ciò non deve meravigliare: le tesi qui proposte, nella loro cristallina, categorica chiarezza, sono in realtà una sfida alla Chiesa - forse la più alta fra le molte che ha conosciuto in questo secolo. E innanzitutto una sfida alla pretesa ecclesiale di offrire la verità ultima, rispetto alla quale ogni altra è una rudimentale prefigurazione. Non così per la Weil, che trovava in Platone, nella "Bhagavad Gita" o nel "Tao te ching" le stesse verità, compiutamente espresse, che incontrava nei Vangeli. 'Ogniqualvolta un uomo ha invocato il cuore puro di Osiride, Dioniso, Krisna, Buddha, il Tao, ecc., il Figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla sua anima, non impegnandolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli la luce - e nel migliore dei casi la pienezza della luce - all'interno di tale tradizione'. ( )

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