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Lo scandalo dell'imprevedibile: Pensare l'epidemia

von Silvano Petrosino

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Uno dei migliori libri che abbia avuto modo di leggere sulla pandemia. Faccio mia la recensione che ho letto su TEMPI.

«La vita è guerra, conflitto. È naturale guardare l'altro come un nemico, soprattutto in periodi di grandi difficoltà come guerre, carestie ed epidemie».

Adesso che il coronavirus, imprevedibile, primordiale, ha stravolto le nostre vite, colpendo senza distizioni in tutto il mondo, il sospetto e la paura rischiano di diventare sempre di più la cifra dei rapporti tra sconosciuti incrociati al supermercato, colleghi, amici e parenti. «Ma questo non è strano», ripete a "Tempi" Silvano Petrosino, filosofo, ordinario all'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Teorie della comunicazione e Antropologia religiosa e media.

Dopo il saggio, uscito lo scorso autunno per Vita e Pensiero, Il desiderio. Non siamo figli delle stelle, ha appena dato alle stampe un libretto piccolo ma prezioso per la casa editrice Interlinea, un instant book sull'epidemia intitolato Lo scandalo dell'imprevedibile, in cui rispondendo ad alcune domande parla di «bene con la b minuscola», futuro e avvenire, scienza e scienziati, ottimismo e speranza, libertà e controllo. Il coronavirus ci ha sottratto il rapporto con l'altro? «Sono sempre stato critico dell'elogio della relazione», dice. «A livello di "nuda vita" la relazione con l'altro è sempre conflitto. Il mondo è il teatro della nuda vita, la legge naturale, da sempre, è quella del più forte. Su questa scena però a un certo punto arriva l'uomo, il solo capace, pur tra mille difficoltà, di superare questa legge di natura, e introdurre nell'universo la possibilità del bene». È un corpo a corpo che non si esaurisce mai, però. La vita è un «oscillare tra la legge del più forte e la possibilità del bene». L'uomo è naturalmente cattivo? «Quando Caino dice a Dio: "Sono forse il guardiano di mio fratello?", dice una cosa del tutto logica, normale, faceva notare Lévinas. Quello "strano" semmai è il Dio biblico, che decostruisce la legge di natura e indica un'altra strada, di bene, che sarebbe naturalmente impossibile».

L'umano è la strada dell'impossibile, ripete Petrosino. «Per questo il pericolo più grande oggi è cedere alla logica della nuda vita, dimenticarsi dell'umano in favore della sopravvivenza». Ma non se ne esce senza questo corpo a corpo. «La cosa più terribile che vedo all'orizzonte è un consegnarci, in nome della nostra salute fisica, a una "metafisica della sicurezza", che è un'estensione pericolosa del concetto di "messa in sicurezza". È giusto mettere in sicurezza ponti, scuole, palestre, edifici. Ma non si può mettere in sicurezza l'umano: ciò che lo caratterizza sono libertà e responsabilità, ma esse sono drammatiche sempre, non possono essere dedotte e garantite una volta per tutte». Ancora il corpo a corpo. «L'esempio perfetto è Arancia meccanica, il romanzo di Anthony Burgess diventato anche un film di Stanley Kubrick: di fronte alla pretesa di un mondo che ci vuole garantire dalla violenza, è preferibile un mondo di violenza. Il bene è un valore che non può essere imposto dal potere. Tutti i sistemi che pretendono di imporre e garantire il bene sono offensivi dell'umano e sono l'instaurazione dell'inferno in terra. Il bene, introdotto dall'uomo nell'universo, sta attaccato al filo della libertà e della responsabilità».

Da settimane i poliziotti agli angoli delle strade ci fermano chiedendoci dove stiamo andando e perché, i decreti governativi ci intimano di stare a casa, ci sono app che vogliono tracciare i nostri movimenti, controllare chi incontriamo per poi dirci se e quanto restare in isolamento. Tutto per il bene della nostra salute. «Certe misure sono sicuramente utili per un certo periodo, ma non possono diventare norma e logica. La vita umana non può essere garantita. Un ragazzo a cui piace una ragazza che fa? Le telefona, ci esce insieme, poi se si piacciono la bacia, ci fa l'amore… Si potrebbe iniziare una cosa del genere volendo essere da subito certi e sicuri di come finirà? I rapporti affettivi e sessuali non ci sarebbero se ci si basasse solo sulla sicurezza». In ogni inizio c'è un rischio da correre, qualcosa in cui avere fede. «Non solo in Dio: nel libro che stai per leggere e non sai se ti sarà utile, nella persona a cui dai un appuntamento e aspetti. Non puoi essere sicuro prima, speri. La promessa non è mai una sicurezza».

La pretesa di colmare il mistero
Adesso ci dicono di avere fede negli scienziati, negli esperti che ci tireranno fuori dalla pandemia. Nel suo libro Petrosino distingue tra "scienza" e "immagine della scienza": la prima «è abitata da dubbi, incertezze, perplessità, correzioni», la seconda «ha finito per alimentare nelle persone delle aspettative a cui la scienza non ha potuto rispondere». Paradossalmente gli esperti più seri sono quelli «che non hanno risposte certe, dicono "forse", fanno ipotesi». Tutti si sono contraddetti. «È l'emergere dell'umano all'interno di una scena che vorrebbe fare a meno dell'uomo, fondarsi sul risultato del laboratorio. Ma il risultato del laboratorio è una astrazione, ciò che è concreto e vero è l'umano».

Di nuovo il corpo a corpo: «Gli scienziati sono uomini, sono abitati da ciò che non sanno controllare: narcisismo, paura, presunzione. Pongono la loro forza sul sapere ma in fondo sono abitati da un non sapere. Tenerne conto è la strada dell'umiltà. Ma questo vale per tutto: se io mi innamoro di te, il rapporto si rompe quando pretendo quello che non puoi darmi. Il rapporto va avanti quando chiedi all'altro di accompagnarti nel vivere il non sapere, non nel chiedergli di colmarlo. Stiamo insieme per vivere il mistero della vita, non perché l'altro è la risposta al mistero. Quando gli chiedi di colmare il non sapere, e ti accorgi che non lo colma, allora lo uccidi, perché ti ha tradito. Poni all'altro una domanda a cui l'altro non può rispondere e fai di questa non risposta il motivo per ucciderlo». Senza rendersi contro di questo dramma, nella migliore delle ipotesi anche tanti cristiani «ripetono che dobbiamo amare l'altro, risultando moralistici. La vita non è così».

«Quello che si deve fare di fronte a un'epidemia, scrive Petrosino nel libro, citanto il Camus de La peste, è quello che migliaia di donne e di uomini, con prontezza e generosità hanno fatto: sono restati, hanno cominciato a camminare in avanti, nelle tenebre, un po' alla cieca, e hanno tentato di fare del bene. In un certo senso il discorso, ogni possibile discorso su un tema come il nostro, inizia e finisce qui: al bene non c'è alternativa, quello che si deve fare si deve fare, e ciò che si deve fare è tentare di fare del bene». Dai medici agli infermieri, fino a chi ha fatto il suo con i poveri o in una scuola, abbiamo visto migliaia di esempi di bene fatto, minime cose di piccola gente che fanno nascere la domanda: perché? «Cos'altro avrebbero potuto fare? È l'umano che emerge, la scintilla di Dio che ci fa compiere il bene verso il prossimo, di cui invece naturalmente avremmo paura».

La necessità del perdono
Nuda vita e umano in lotta, sempre: «Sbandiamo continuamente, ma se accettiamo la realtà di questa condizione possiamo perdonarci. Pietro ha tradito Cristo più volte di Giuda, ma non ha trasformato quel limite in una obiezione. Non ha fatto del tradimento, del peccato, la logica con cui guardare il mondo, ha accettato il limite. Giuda no, non si è perdonato. La tragedia di Giuda è tutta in Giuda: Dio lo avrebbe perdonato». Allora l'altro non è più un nemico, qualcuno da guardare con sospetto. «È un grande tema del cristianesimo, il perdono. Che per me è innanzitutto questo: il riconoscimento del male che tu mi hai fatto. Tu mi hai tradito, non è che ti sei sbagliato, ma io non trasformo questo tradimento nella lente attraverso cui guardare la nostra storia, perché a quel punto vorrebbe dire che la nostra storia è un inganno. Non trasformo la tua colpa in un tutto».

Sembra impossibile. «Ma l'umano è la strada dell'impossibile. E nella storia questo impossibile è avvenuto: non solo in Cristo, Dio che si fa uomo, ma in tutti i giusti e i santi. Ci sono stati, non è una balla: occorre farne memoria. Spesso con la moto a Milano io passo in via Kolbe, e ci penso: quello che lui ha fatto è durato pochi secondi, ha alzato una mano e basta, ha dato la vita per un altro. Ci sono stati i padre Kolbe, ce ne sono tantissimi che fanno il bene. Parlo delle nostre madri, di uno zio, un professore… tutti abbiamo esempi di giusti nella nostra vita. Uno può dire "non ce la faccio", certo, ma alla luce della memoria di quel bene il peccato non è niente. Il peccato mortale è fare del peccato la logica con cui guardare il mondo: essere come Giuda». Il bene di cui parla Petrosino «ha la b minuscola. Ma questo è il cristianesimo! Dio ha a che fare con una cena. Il mistero cristiano per eccellenza avviene su un tavolo dove prima magari bevevi l'aperitivo con un tuo amico prete, poi lui mette una tovaglia, dice Messa e lì c'è Dio realmente presente. L'umano è la minuscola».

Senza memoria non si va lontano. «Se uno ha conosciuto un amore vero a 15 anni, e oggi non ha nessuno, la memoria della verità di quell'amore gli impedisce di trasformare la vita in una schifezza. Certo, è difficile: emerge sempre la nuda vita, che è guerra. Ma la memoria permette la speranza. L'ottimismo è frutto della volontà, dopo un po' non regge». Quanto è fragile lo slogan "andrà tutto bene" sentito in questi mesi, infatti. «L'uomo è fatto per andare avanti - chiosa Petrosino - ma l'andare avanti si fonda sulla memoria del bene ricevuto. La vera memoria ha a che fare con l'avvenire, che è diverso dal futuro». Il futuro si basa su una previsione fatta in base ai dati del presente, scrive Petrosino nel libro, «l'avvenire è il campo dell'evento, dell'avvenimento, di ciò che viene e accade, e ciò che accade e viene lo fa sempre senza avvisare, senza pre-avvisare».

Aprirsi all'avvenire
L'uomo non può vivere senza progettare, però. «È vero, ed è giusto che lo faccia, ma la vera memoria è data dal fatto che tu dici: "Sono stato voluto bene, non so cosa mi capiterà, mi apro a un avvenire". C'è qualcuno che può progettare di innamorarsi? Io so che innamorarsi è possibile in base all'esperienza, mi apro all'avvenire in forza di quell'innamoramento. L'esistenza dei santi e dei giusti dice che l'impossibile del bene è accaduto, questo mi apre all'avvenire».

La tentazione è pensare di potere fare a meno di questa memoria, di questo corpo a corpo continuo, pensare di interrompere una volta per tutte la lotta tra nuda vita e umano, eliminare il rischio mettendo l'esistenza in sicurezza, magari tramite un'app. «È una follia: vedo una ragazza che mi piace e quando mi avvicino a lei il mio smartphone mi segnala che potrebbe essere infetta, e allora desisto? Così è un inferno. L'idea del potere di riuscire a garantire il bene è un delirio. Il bene, se Dio esiste, è stato consegnato da Lui stesso nelle mani degli uomini. Neanche Dio può imporre il bene, e per fortuna non lo ha fatto. Perché il protagonista di Arancia meccanica si chiama Alex? Perché se il bene viene imposto per legge, non si può che essere a-lex, senza legge».

 - - -

"Che inferno la sicurezza assoluta" Articolo tratto dal mensile TEMPI, a firma Piero Vietti 16 maggio 2020, edizione riservata agli abbonati.

---

Silvano Petrosino (Milano 1955), studioso di filosofia contemporanea, si è occupato prevalentemente dell'opera di M. Heidegger, E. Lévinas e J. Derrida. Oggetto dei suoi studi sono la natura del segno, il rapporto tra razionalità e moralità, l'analisi della struttura dell'esperienza con particolare attenzione al rapporto tra la parola e l'immagine. Insegna Filosofia della comunicazione presso l'Università Cattolica di Milano. ( )
  AntonioGallo | Sep 24, 2020 |
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