Recensione difficilissima, data l’intensità di un lavoro che chiunque si occupi di cultura, in ogni senso, dovrebbe sempre avere sul proprio comodino. Alla fine della lettura, e delle tantissime, doverose, annotazioni, il libro si è trasformato in una sorta di cencio, all’uso si è accompagnato l’abuso, gira e rigira, leggi e rileggi. Mann delle considerazioni di un impolitico è lontano anni luce dal grande romanziere dei Buddenbrook o della montagna incantata. Lo scrittore tedesco difende con forza la tradizione del suo popolo e della sua terra, anticipando alcuni temi divenuti, impropriamente, icone del nazismo. Il buonismo della democrazia intesa come governo del qualunquismo e del tecnicismo, della regola e dell’appiattimento, il popolo uber alles sotto il dominio di una classe conformista di mediocri intellettuali troppo impegnati a dire bene le cose, per concentrarsi sul cuore del discorso. Ed i continui riferimenti a Nietzsche ed a Shopenhauer sono una delle chiavi di lettura per porre il problema della differenza tra l’arte, tipica dell’uomo che agisce, dotata di una straordinaria forza creativa, e la cultura, riserva di caccia dell’uomo che contempla. In tutto il libro Mann dichiara una guerra santa contro la cultura francese, legalitè, humanitè e fraternitè, che lui fa rientrare in un più ampio contesto di fronte occidentale. Il mondo tedesco, fatto di fatti, contro il mondo dei romanzieri, la parola contro il ricamo della parola nel più straordinario monologo, lungo circa settecento pagine, a difesa della reazione e dei valori della tradizione. Un capolavoro assoluto. ( )