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98+ Werke 670 Mitglieder 21 Rezensionen

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Opera scritta nel 1979, pubblicata postuma (1997, per insistenza di Cesare Garboli) anche se - secondo P. - rimasta da rifinire (soprattutto nelle tante ripetizioni), eppure così definita nella violenza del suo tema, che è quello del sesso e della vita, dunque della morte. È un Parise molto diverso dagli altri - anche dai temporalmente vicini Sillabari. È crudo e dolente, senza possibilità di redenzioni, lascia tracce forti e amare. Forse si insiste troppo sul fatto che è una scrittura post-infarto e sui cenni autobiografici relativi alla relazione con Giosetta Fioroni, resta il fatto che questo non è tanto un libro sulla gelosia, quanto sulla noia, noia della vecchiaia che si scontra contro la giovinezza (che è quella bucolica, infantile della ragazza di montagna e insieme quella brutta e violenta dei giovani fascisti di Roma, gli stessi che uccidono Pasolini e le ragazze al Circeo, nota Parise, gli stessi di cui ha scritto Albinati ne La scuola cattolica, per chi l'ha letto - io ho visto il film, brutto). Ci sono poi temi interessanti, in particolare il punto di vista eminentemente maschilistico (soprattutto nelle descrizioni del sesso più "scandalose"), figlio del 1979 in cui P. scrive (credo che Moravia negli stessi anni avesse scritto "Io e lui") e certo impensabile per l'oggi. Sicuramente è un maschilismo che risolve il tutto fin dall'inizio come "malattia" femminile (il protagonista è maschio e analista) e alla fine sopravvive con soltanto qualche rammarico romantico.
 
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d.v. | 1 weitere Rezension | May 16, 2023 |
A grande distanza da Cara Cina, del 1966, nel 1982 arriva questo L'eleganza è frigida, reportage "romanzato" dedicato al Giappone e originariamente pubblicato sul «Corriere della Sera». Raffrontando le due opere è interessante che Parise - che qui parla in terza persona inventandosi un protagonista, Marco, molto critico nei confronti del "Paese della politica" (cioè l'Italia) - applichi grosso modo lo stesso approccio libero e curioso alla scoperta di una nuova cultura, confrontandosi tuttavia con un contesto sicuramente molto più occidentalizzato di quello trovato nel 1966 in Cina. Le divagazioni e osservazioni più narrative arricchiscono il libro e permettono a Parise qualche riflessione in più. È sempre molto bello scoprire il mondo attraverso gli occhi di Parise.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Libro postumo, a completare una volontà di Parise di pubblicare questi racconti, che spaziano tra il 1952 e il 1965. Dentro c'è la guerra, c'è il favolesco (che poi troverà sviluppo dei Sillabari) e soprattutto c'è la capacità di Parise di tracciare figure individuali, spesso sole e disperate, in modo magistrale e memorabile. Fra i racconti spicca per me in particolare Il colle dei setti venti, parzialmente autobiografico e incentrato sul racconto simbolico di una casa eretta con fatica e costantemente sabotata da una malvagità diffusa e inspiegabile.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Romanzo sorprendente, di lettura senz'altro non facile ma ricco di immagini che premiano la costanza del lettore pagina dopo pagina. È un viaggio dentro l'immaginazione e la scrittura, guidati da un Parise diciannovenne che sorprende per coraggio e novità. Pubblicato nel 1950 da Neri Pozza, poi sparito, poi ripreso da Feltrinelli dopo il grande successo di Parise. In un certo qual modo, la lettura ben si accosta a quella del Vian di Sterpacuore o La schiuma dei giorni; difficile, forse impossibile trovare inItalia altri esempi di letteratura di tal grado di sperimentazione, soprattutto pensando che il libro è stato pubblicato nel 1950.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Riedizione del 1973 del testo del 1959 di cui recupera il titolo originariamente voluto da Parise (cambiato nel 1959 da Garzanti in "Amore e fervore"), mentre perde buona parte del capitolo finale, chiudendosi quindi in maniera più brusca e simbolicamente meno efficace. Per il resto, valgono le considerazioni fatte per Amore e fervore (vedi scheda).
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Chiude nel 1959 la "trilogia veneta" aperta con Il prete bello (1954) e Il fidanzamento (1956). Il libro è una forte critica alla morale bigotta e repressiva della società cattolica, di cui il protagonista Marcello si fa vittima sacrificale. I personaggi sono tratteggiati con uno stile grottesco e zoomorfo che verrà ripreso qualche anno dopo ne Il padrone (compaiono anche alcuni tratti, per lo meno di un personaggio e di una scena, che torneranno nei Sillabari). Libro che coniuga a perfezione grottesco e amaro.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Scritto a dieci anni di distanza dal primo Sillabario, ne mantiene premesse e stile ed è in gran parte all'altezza anche nei risultati, perdendo qualche colpo forse solo in chiusura, giustificando la "perdita d'ispirazione" con cui lo stesso Parise motivò il fatto di essersi fermato alla lettera S. Come nota N. Ginzburg in postfazione, prevalgono sentimenti si solitudine e amarezza, ma il Sillabario non è privo di gioia, amore e bellezza. Per certo, uno dei vertici di Parise (e del racconto italiano).
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Un affresco di umane meschinità e insieme una grande storia di amicizia. Personaggi memorabili, dal primo all'ultimo. E in più il racconto dell'Italia fascista degli anni '40. Pubblicato nel 1954, decisamente uno dei capisaldi della nostra letteratura del dopoguerra.
 
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d.v. | 3 weitere Rezensionen | May 16, 2023 |
Accurato bozzetto della piccola borghesia italiana anni '50, tratteggiato con toni precisi e ironici che ruotano attorno a un piccolo gruppo di personaggi-stereotipo e al fondamentale tema delle relazioni sentimentali, qui espresse dal piccolo "caso" di un fidanzamento.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Questo libro del 1969, apparentemente misconosciuto e sottovalutato, è a mio avviso forse il vero capolavoro di Parise. Eredita (in parte e ampliandolo) il tema centrale da Il Padrone (1965) e anticipa in quanto alla forma II Sillabari (1972 e 1982). Il risultato è un libro alieno, ostile e algido nella scrittura e frammentato nel suo sviluppo in piccoli capitoli autonomi. Ma una volta entrati nel libro non si può che soccombere al suo fascino, verrebbe da dire, maligno. Parise descrive spietatamente la deriva sociale e culturale dell'uomo contemporaneo. Nel mirino ci sono la cultura post-industriale del lavoro, la perdita dei valori civili e sociali, la progressiva mutazione della società e della famiglia e in definitiva la totale perdita di umanità. Tornano gli uomini-insetto de Il Padrone e si fanno ancora più astratti e crudeli, fino a farsi uomini-segno di una nuova cultura di un funzionalismo materiale che parla di soldi, cose e violenza. Alcune pagine descrivono ritratti insuperabili dell'uomo-lavoratore odierno (e il libro è del 1969), non senza un'ironia di fondo che rende il testo ancora più amaro. Da leggere per chiunque si interessi di sociologia del lavoro e/o voglia capire meglio la società contemporanea (e ovviamente immancabile per chi apprezza Parise).
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Storie in terza persona, raccontate da lontano per comporre un'antologia di umani sentimenti, un sillabario di emozioni, appunto. Alcuni racconti passano via veloci, altri lasciano un segno più profondo. Tutti abitano una dimensione di fiaba - il più delle volte introdotta da "Un giorno..." - che dispone a meditare sul senso profondo di ogni piccolo gesto descritto.
 
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d.v. | May 16, 2023 |
Parise a bevált sikerreceptre bízza magát: fog egy/több gyereket, belehelyezi őket egy vészjósló történelmi környezetbe (ebben az esetben ez Mussolini fasiszta Itáliája), aztán hadd szóljon. Ugyan melyik kiadó utasítana vissza egy efféle kéziratot? A kutya szerepeltetése elmaradt, de cserébe az író érzékletesen, finoman ábrázolja a korszak atmoszféráját.

A szép pap ízig-vérig szegényregény: a nyomorban élők világát mutatja be jól csoportosított eszközökkel, feléjük fordítva minden mozgósítható szimpátiánkat. Persze ne a Móricz-féle „összeszorított-foggal-döglök-éhen”-típusú szegénységre gondoljunk, Parise világa a talján nincstelenségé: harsányság, lopkodás, katolicizmus és túlfűtött szexualitás. Ez a könyv igazi síkja, minden más elem csak ezt húzza alá. A társasház is, mint a cselekmény fő színtere, nem más, mint a társadalom kicsinyített makettje: van itt háztulajdonos, lecsúszott arisztokrata, fasiszta tisztségviselő, de legtöbben természetesen a nélkülözők, az esélytelenek vannak.

A cselekmény másik szála don Gaspare, a spanyol polgárháborút falangista oldalon megjárt pap története: az atya férfiúi kisugárzásával szinte megbabonázza a tisztelt lakóközösség nőtagjait. Itt felsejlik számomra egy párhuzam: ahogy az égnek szegezett állú Duce a nem létező katonai erő és a Római Birodalom újraépítésének ígéretével kábítja el Olaszországot, úgy don Gaspare is öntudatlanul olyasmivel kecsegteti a vénkisasszonyokat, aminek hivatásából adódóan nem lehet/nem lehetne birtokában: férfiúi erejével, daliás termetével. Bukásának oka pedig - spoiler! -, akárcsak Mussolini esetében, az lesz, amikor a tettek szintjén számon kérik tőle ezeket a tulajdonságokat.

És még egy spoiler: értelmezhető Duce-párhuzamként Esposito lovag és az ő budijának esete is. A ház legtiszteletreméltóbb fasisztája a két illemhely közül az egyiket kisajátítja magának, és felcsinosítja: gyönyörű tapéta, mintás gumiszőnyeg, hangulatvilágítás és új WC-csésze. Így lesz büszkeségének legfőbb tárgya a szobácska, ahol a salakanyagok távoznak. Aztán egy nap a rendeltetésszerű használat közben a túl nehéz WC-csésze átszakítja a plafont, és az udvarra zuhan, Esposito pedig pucér seggel lóg a vastraverzekről, mindenki szeme láttára. Nekem erről Mussolini II. világháborús szerepvállalása ugrott be…

Bár Parise nem mindig tudja zökkenőmentesen összefésülni a regény elütő szálait, A szép pap a kategória egyik kiemelkedő példánya.
 
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Kuszma | 3 weitere Rezensionen | Jul 2, 2022 |
Veronica Gambara nacque in una nobile famiglia bresciana ed ebbe la rara opportunità di approfondire gli studi filosofici, teologici e delle lingue classiche, per divenire poi un'elegante poetessa e un'arguta scrittrice di lettere. Sposò il signore di Correggio, Giberto X e, alla morte di lui, nel 1518, si dedicò non solo all'educazione dei figli e alla letteratura, ma anche al governo della città. Della sua corte fecero parte l'Aretino e il Bembo e fu ammirata dall'imperatore Carlo V oltre che dall'Ariosto, che nell'ultimo canto dell'Orlando Furioso la definì "cara ad Apollo e alle muse". In questo libro, Daniela Pizzagalli, con rigore storico e piacevolezza narrativa, porta alla ribalta una figura rimasta occultata in una penombra secolare.
 
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kikka62 | 1 weitere Rezension | Jan 27, 2020 |
 
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vecchiopoggi | Dec 21, 2016 |
Di questo libro lessi qualche anno fa, e ne parlavo con un'amica, e me lo offrì in prestito: finisco solo ora di leggerlo e rileggerlo e percorrere su e giù il mistero di questa scrittura, sulla quale si interroga in maniera memorabile Natalia Ginzburg nella prefazione a questa edizione, che anche solo per questo andrebbe cercata.
Raccolta di racconti brevi, molti nati per la pubblicazione sui giornali, legati dal tenue filo (interrotto sul finire) di un sillabario di peccati e sentimenti in ordine alfabetico. Assolutamente perfetti, da leggere per puro svago, ma si consigliano agli amanti della scrittura e della scrittura di racconti in particolare.
Questo modo di raccontare è lo stesso dei migliori narratori di racconti, come la Munro, per esempio: non un romanzo in breve, ma una fettina appena di vita, uno squarcio.
E non so se ho le traveggole, ma i molti italiani che sognano di scrivere alla maniera di R. Carver forse dovrebbero cominciare da questi bellissimi Sillabari, tanto per vedere come si fa.
Sarà un caso che Carver e Parise siano stati entrambi anche poeti? Io credo di no.
 
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patri50 | 3 weitere Rezensionen | Aug 1, 2012 |
This is a perfect example of why style is important. It's a neorealist story with a...I don't know, almost baroque style. It just doesn't work.
The story I liked (small town gossip and hypocrisy and how it can actually be profited from by poor kids trying to get by on anything), but the style...it actually made the book not fun to read.
Not only was the prose not right, even the conceit was a little forced. It was narrated by one of the "street urchins", but how could he possibly know everything that happened (and with baroque prose no less)? We don't only get what he is thinking and feeling, but what others are thinking and feeling. A lot of times this was justified by saying something like, "I was hiding behind the door, listening in on the conversation". Come on, _every_ time?
I suppose in a better book I could let this point go, but in this one...sorry!
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donato | 3 weitere Rezensionen | Apr 29, 2011 |
 
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ScarpaOderzo | 3 weitere Rezensionen | Apr 14, 2020 |
853.914 PAR
 
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ScarpaOderzo | 3 weitere Rezensionen | Apr 14, 2020 |
 
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Vincenzop. | Feb 2, 2018 |
BIBLIOTECA ADELPHI 456
 
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Vincenzop. | 3 weitere Rezensionen | Feb 2, 2018 |
Andrea Camilleri""
 
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Cristina_G | 3 weitere Rezensionen | Feb 14, 2012 |
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