Autoren-Bilder
7 Werke 16 Mitglieder 1 Rezension

Werke von Simone Pieranni

Getagged

Wissenswertes

Für diesen Autor liegen noch keine Einträge mit "Wissenswertem" vor. Sie können helfen.

Mitglieder

Rezensionen

La nuova Silicon Valley è cinese.

Pechino, marzo 2019. Mentre faccio colazione a casa, su WeChat controllo le notizie del giorno. Poi esco e, mentre cammino per gli hutong (le antichie viuzze della capitale che sopravvivono ai tanti cambiamenti in corso nella città), con WeChat prenoto il taxi per andare a un appuntamento in un bar del distretto dell'elettronica della capitale cinese. All'interno del bar, grazie all'Id di WeChat metto lo smartphone in carica in appositi cubicoli all'ingresso del locale e incontro la persona con cui ho appuntamento. Poi recupero lo smartphone e pago la mia consumazione con WeChat. Ho fame, così appena uscito cerco sull'applicazione un ristorante mongolo - una mia passione - nelle vicinanze. WeChat me ne indica uno a poche centinaia di metri dalla mia posizione, all'interno di un centro commerciale. Quando arrivo, mi metto in coda. Mentre attendo il mio turno per entrare, con WeChat controllo il menu e ordino. Mentre mangio, mando ad alcuni amici il Qrcode del ristorante: si tratta di buoni sconto appena ottenuti grazie al mio pranzo. In risposta ne ricevo anche io: buoni per ristoranti, locali e per i tanti mercati on line presenti nell'app. Mi incuriosisce un negozio di robot: scarico il «mini-programma» dello store virtuale e comincio a guardare il catalogo mentre pranzo. Finito di mangiare, pago con WeChat. Nel frattempo scambio messaggi, ricevo documenti, prendo altri appuntamenti: tutto con la stessa app.

Esco dal centro commerciale e controllo sulla mappa di WeChat la zona dove devo andare per un altro appuntamento. Calcolo il percorso: prendo un autobus e poi la metropolitana e in entrambi i casi pago con WeChat. Nel frattempo acquisto on line i biglietti per un film da vedere l'indomani e spedisco dei soldi che dovevo a una persona, sempre via WeChat. Terminato il mio appuntamento esco e mi fermo davanti a un piccolo negozio di pochi metri quadrati gestito da una coppia cinese del Sud, compro dei ravioli che pago con WeChat, grazie al Qrcode appeso accanto alla porta che conduce alla piccola cucina. Poi con WeChat prenoto un biglietto del treno per Shanghai e la stanza di un hotel. Infine vado a un evento in uno dei grattacieli sulla Jianguomen, la lunga via che porta su piazza Tian'anmen. L'invito mi è arrivato via WeChat da un'amica, quando ancora ero in Italia: nella nostra chat ritrovo localizzazione, biglietto elettronico e ricevuta di pagamento (che archivio in un'apposita applicazione, sempre dentro WeChat, che aiuta a gestire la propria contabilità). Giunto sul luogo scannerizzo il Qrcode e ricevo tutta la documentazione relativa all'evento (una conferenza sui rapporti tra Cina e Usa). Insieme alla documentazione, mi ritrovo in un gruppo con tutti i presenti (i contatti li inserisco in un'apposita app dentro WeChat che consente di gestire al meglio tutte queste informazioni).

Al termine della conferenza, vado a cena con alcuni dei partecipanti. A un certo punto tutti i nostri occhi finiscono sul cellulare: WeChat chiede l'update delle nostre informazioni. Ed eccoci, una tavolata intera impegnata a farsi selfie per consentire a WeChat di tenere sotto controllo i nostri dati biometrici. Quando terminiamo la cena, con WeChat dividiamo il conto in parti uguali. Tornando a casa ripenso al mio appuntamento della mattinata: nel distretto dell'elettronica, nella zona di startup legate all'Intelligenza artificiale, ho incontrato un giovane manager cinese. A un certo punto della nostra conversazione, all'ennesimo esempio di quanto WeChat faccia risparmiare tempo (le file in banca, negli uffici pubblici, al cinema e in migliaia di altri posti) gli ho chiesto a cosa sia dedicato tutto quel tempo guadagnato. «Forse a stare al cellulare», mi ha risposto sorridendo. In effetti, in una giornata intera non ho mai usato il portafoglio, la mail, un browser. Quando rientro in casa il mio computer, appoggiato sul tavolo in cucina, mi sembra ormai semplicemente una macchina da scrivere, ma meno rumorosa. Prima di andare a dormire, l'ultima mossa: prenoto la boccia d'acqua (presente in tutte le case cinesi) per l'indomani, via WeChat naturalmente. Nel corso di tutta la mia giornata non sono mai uscito da WeChat. In Cina lo smartphone è WeChat. E WeChat sa tutto di ognuno di noi.

WeChat ( Weixin in mandarino) è un'applicazione, una «super-app» come viene spesso definita, grazie alla quale in Cina, come dimostra la giornata appena descritta, è possibile fare di tutto. È divenuta una presenza totalmente pervasiva nella vita quotidiana dei cinesi. Grazie a questa enorme diffusione, la superapp cinese è diventata interessante, per la mole di dati che produce, non solo per il partito comunista cinese (Pcc), ma anche per Facebook, il social network più famoso e utilizzato nel mondo occidentale. Secondo 1'«Economist» non ci sarebbero dubbi: Facebook aspira a diventare il «WeChat occidentale».

Zuckerberg, che parla un ottimo mandarino, e la cui moglie, Priscilla Chan, nasce da genitori di etnia Hoa, una minoranza sino-vietnamita di lingua cantonese, non ha solo un interesse personale e culturale per la Cina. Negli ultimi anni, infatti, si è recato con una certa continuità in Cina con un obiettivo preciso: capire meglio il funzionamento dell'«applicazione delle applicazioni» ed estrarre da questo modello cinese vincente strategie e idee da applicare su Facebook (e gli altri social network di cui è proprietario, tra i quali Instagram e WhatsApp).

WeChat ha infatti un modello di business che permette di generare denaro in modo molto più vario di quanto non faccia Facebook e di monetizzare (e incamerare) i dati degli utenti in modo molto più proficuo. Mark Zuckerberg è inoltre interessato ad alcuni aspetti di WeChat come la messaggistica diretta, la gestione dei Big Data e, soprattutto, la capacità di tenere gli utenti all'interno di «un mondo» WeChat. Non a caso, nel marzo 2019 Zuckerberg commentava l'articolo Che cosa Facebook potrebbe imparare da WeChat a firma di Jessica E. Levin, postato su Facebook nel 2015, scrivendo: «Se solo avessi ascoltato i tuoi consigli quattro anni fa...».

L'enorme interesse del più grande social network occidentale per WeChat dimostra che siamo alla fine di un percorso e all'inizio di un nuovo mondo: dopo anni di imitazione da parte della Cina di tutto quanto era prodotto in Occidente, è l'Occidente - oggi - che guarda alla Cina per trovare nuove idee e nuovi utilizzi per le proprie «invenzioni». La Cina ha ripreso il suo posto al centro del mondo come vuole il suo nome, Zhongguo, «terra di mezzo». Del resto, per i cinesi non si tratterebbe di una novità. Gli europei cominciarono a conoscere la Cina a partire dal secondo secolo a.C., quando la seta iniziò a solcare i mercati centro-asiatici prima e del Mediterraneo poi, fino ad arrivare a fare letteralmente impazzire i romani, innamorati di quel tessuto pregiato proveniente da un luogo così lontano. Una storia che i cinesi ricordano bene: l'apertura di quelle tratte commerciali che sarebbero divenute famose con il nome di Via della Seta portò in seguito a scorrerie di esploratori, geografi e archeologi, impegnati a saccheggiare la ricchezza culturale dell'odierna zona del Xinjiang e del Gansu. Allora a Pechino si divideva il mondo in due: c'erano i cinesi e c'erano i «barbari», il resto del mondo, europei compresi. All'epoca, i primi gesuiti che riuscirono ad arrivare nell'Impero celeste rimasero stupiti per il grado di sviluppo del paese. Nel diciottesimo secolo, secondo Kant, la Cina era «l'impero più colto al mondo».

Ma con il tempo quel luogo governato dai mandarini, frutto di complicati e competitivi esami, finì per diventare terra di conquista per i «barbari». Approfittando della debolezza dell'Impero cinese, incapace a fine '800 di far fronte al progresso occidentale prodotto dalla rivoluzione industriale, i «barbari» arrivarono fino al cuore del potere cinese, defraudando il territorio di ricchezze e di intere regioni con l'uso dell'oppio, delle armi, di sotterfugi e di sconcezze come i «trattati ineguali». La Cina divenne la malata d'Asia, attraversò la sua fase storica più umiliante. Nel fondo del cuore di ogni cinese qualcosa di tutta questa storia è rimasto. Oggi, i cinesi ripropongono quell'antica Via della Seta come il simbolo del cambiamento epocale che stiamo osservando, dello spostamento da ovest a est del centro del potere economico e tecnologico: ora sono loro a capo della locomotiva. E non intendono perdere di nuovo il loro appuntamento con la storia.

(Estratto primo capitolo)
… (mehr)
 
Gekennzeichnet
AntonioGallo | Sep 24, 2020 |

Statistikseite

Werke
7
Mitglieder
16
Beliebtheit
#679,947
Bewertung
½ 3.5
Rezensionen
1
ISBNs
5
Sprachen
2