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Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale

von Filippo Focardi

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Cattivo tedesco. Barbaro, sanguinario, imbevuto di ideologia razzista e pronto a eseguire gli ordini con brutalità. Al contrario, bravo italiano. Pacifico, empatico, contrario alla guerra, cordiale e generoso anche quando vestiva i panni dell'occupante (fonte: Google Books)
  MemorialeSardoShoah | Apr 26, 2020 |
Non c'è stata Norimberga, da noi. E non è che sia capitato per caso, è che siamo stati abilissimi ad utilizzare le motivazioni anglo-americane, propalate per scaricare sul fascismo tutte le nefandezze del ventennio distinguendo le responsabilità degli "altri" cioè del Re, dei Militari, degli Agrari, degli Industriali e di tutti quelli che avevano aderito ma sicuramente erano stati "costretti dalla necessità".
Come se il fascismo fosse stata una questione che riguardava altri, una stupida interruzione incidentale della normale vita politica del paese.
Questa soluzione, per motivi diversi, è piaciuta a tutti. E tutti (proprio tutti) hanno collaborato a definire la "via italiana" alla costruzione della memoria della seconda guerra che non riguardava solo "la resa dei conti sul collaborazionismo e sulla guerra civile ma [avrebbe dovuto] rendere ragione di un regine dittatoriale ventennale, preso a modello da molte destre dentro e fuori l'Europa [...] protagonista per oltre tre anni - dal giugno 1940 al settembre 1943- di una guerra di aggressione contro le potenze democratiche e di numerose occupazioni di territori di nazioni inermi, dove -specie nei Balcani- si era macchiato di gravi crimini contro le popolazioni civili."
La via italiana era -ovviamente- la piena assoluzione da ogni peccato perché il popolo italiano -si sa, che diamine!- è un popolo buono. Autoassolvendoci abbiamo rimosso, in un colpo solo, anche le responsabilità delle Colonie e delle nefandezze dell'Impero.
Tutti contenti (almeno tutti i sopravvissuti). Con qualche effetto collaterale, però.
In primis, la mancata epurazione, anche fra gli apparati militari più notoriamente compromessi (che so, Roatta, per dire), lasciando intatta la catene del comando e la congerie di cartucce e mezzecartucce che costituivano i nostri ranghi militari.
Poi, effetto ancora più devastante: la dimostrazione dell'impunità di chiunque commetta una qualsiasi nefandezza che in qualche modo viene coperta dal sentire comune (l'evasione fiscale, per esempio) o dall'autorità più o meno legittima o legale (dalla repressione scelbiana alle stragi di Stato, per dire), producendo così una nuova generazione, peggiore della precedente, fatta sostanzialmente di cinismo ed impotenza.
Un'ulteriore effetto collaterale è che la guerra -da noi, dopo settant'anni- non è ancora finita e non se ne può parlare senza scatenare una diatriba infinita fra sinistra e destra a colpi di storiografie contraddittorie, fino ai recentissimi tentativi di equiparare gli eserciti in lotta come fossero contendenti secondo le regole della Cavalleria, dimenticando che la RSI era fatta anche da giovanissimi illusi ma era saldamente guidata da feroci assassini spregiudicati. La storia come opinione politica, nella scia della storiografia non professionale di alcuni -parecchi- giornalisti di parte, pronti a piegare alle proprie tesi a priori qualunque interpretazione, rigorosamente senza fonti.
Un'immagine consolidata anche nel cinema (a chi non piace autoassolversi?), con un paio di esempi molto noti (Italiani brava gente, sulla ritirata di Russia, e Mediterraneo, ambientato nella guerra in Grecia, ma soprattutto dedicato allo spaesamento postsessantottino. C'è anche un tentativo di film in controtendenza, sulla guerra di Libia, mai visto da nessuno però, perché rigorosamente vietato in Italia.
Qualcuno tutto ciò lo ha chiamato l'armadio della vergogna. Ma vergogna è una parola abusata ed io credo sia inadatta di fronte a questa tragedia. ( )
  ddejaco | Aug 29, 2014 |
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