Se Paola e Ivan non me l’avessero regalato non avrei mai letto un romanzo di Gramellini. Che nella rubrica quotidiana sul Corriere, che leggo sempre quando posso, esalta la banalità del bene, declina l’ovvio e lo rende piacevole. Ma il regalo richiede che il giudizio prevalga sul pregiudizio e leggo, devo dire volentieri, la storia di Mattia, un ragazzino di 9 anni che si vede costretto a vivere il lockdown con l’odiato padre, colpevole di averlo abbandonato. Il lieto fine è più assicurato che in cartone della Disney, figuriamoci, ma Gramellini, che di mestiere ne ha tanto, riesce a fare tornare il lettore indietro di un paio di anni, al tempo delle canzoni sui balconi e dell’andrà tutto bene. E alla fine, c’è da dire, il romanzo funziona, lo prendi in mano volentieri sul metrò o sul letto la sera e anche se immagini che, a differenza della vita vera, alla fine andrà tutto bene, il padre tornerà con la madre e vivranno tutti felici e contenti, scopri che un finale così piace. Scrittura semplice e scorrevole, storia molto lineare ma i romanzi sono anche questo. ( )