Due racconti veramente belli e sorprendenti. Ne avrei letti ancora parecchi di questo genere ... ( )

(Come inizia:) "La giovinezza non si confaceva a Salvator. A vent'anni, concentrato su sé stesso fino al parossismo, non si sopportava più. Tanto meno potevano aiutarlo gli altri, visto che non lo tolleravano neanche loro. Telefonava alle persone solo se doveva chiedere favori: si offendeva se in cambio quelli ne sollecitavano il sostegno..."

due storie, due racconti originali, decisamente imprevedibili nel loro svolgimento, ma direi poco coinvolgenti. un'Amélie che non lascia nessun segno, che stento anche a riconoscere (se non per la originalità delle trame), un po' piatta, ecco. ( )

Un piccolo libro di piacevole aspetto per due raccontini assolutamente incredibili nella loro apparente semplicità. Sono davvero felice di aver scoperto la Nothomb e la sua scrittura così densa di significati plurimi, di disincanto ed insieme di meraviglia, di presa d'atto dell'insignificanza delle relazioni e nel contempo di tentativi di redenzione. Il primo racconto a mio parere è una metafora della falsa coscienza che ci consente di accettare d'essere in grado di commettere i più terribili crimini per affermare il nostro io senza farci sentire in colpa. Ma il senso potrebbe essere diverso e mentre scrivo abbozzo già mentalmente altre interpretazioni. Il secondo racconto, anch'esso grottesco e freddo è una metafora del piacere fine a sè stesso che porta all'oblio del sè. Ma c'è anche l'idea che le fiabe nordiche di fate e "dame dei sogni" sostanzino una voluttà gelida di neve e priva di passionalità, una voluttà indefinita che avvolge e ottunde infine ogni desiderio. La negazione della vita vera. ( )